Adige: l’importante è fotografarlo

Purtroppo nell’epoca dei so­cial network i quindici minuti di ce­lebrità sono alla portata di tutti. Fortunatamente però il mare magnum (ormai inqui­nato) del web che divora ogni cosa rapidamente li riduce al massimo a quindici secondi. Che però sfortunatamente so­no abbastanza per spingere un gran numero di persone a mettere a rischio la propria vita e quella degli eventuali soccorritori pur di scattare la foto­grafia migliore da piazzare su Fa­cebook e Instagram. Acca­de dunque che in queste ore in cui l’A­dige è tornato dopo molti anni a fare paura anche in città, ci sia chi anziché gi­rare alla larga dal fiume si av­vicini il più possibile per fare clic col telefonino. Pur di gua­dagnarsi l’agognato “l­ike” sui social, qualcuno è ar­rivato a pochissimi centimetri dal­l’acqua. C’è chi è sceso dalle sca­lette e chi si è sporto dai ponti. Stanno circolando filmati di ogni genere. Sco­pria­mo l’esistenza di cen­ti­naia di foto-cinereporter d’assalto. Circola un filmato (dato per buono per ore dai media locali) che spaccia Parona per la trentina Levico e immortala un allevamento di trote che a causa della piena sarebbe finito a nuotare dalle parti della festa de la renga. E giù ad abboccare. Un messaggio di buonsenso è arrivato dal governatore Zaia, il quale è stato costretto a intervenire per dire ai veneti di “e­vitare le zone con pantano e fiumi in piena perché sono pericolosi. Mi viene un brivido quando vedo certi filmati sui social” ha aggiunto. “Ripeto soprattutto ai ragazzi di stare distanti dalle zone dove la for­za della natura è in azione”. Molti cervelli, al contrario, so­no spenti.