Caso Pfas, emergono verità scottanti “L’area inquinata è anche quella lungo il Fratta, compresi Bevilacqua e Terrazzo”

Il composto chimico C6o4 era già presente in falda nel 2011.
E’ questa la notizia rilevante emersa nel corso dell’udienza sull’inquinamento da Pfas e altre sostanze chimiche celebrata ieri a Vicenza. Il dato è stato spiegato alla Corte d’Assise dal dottor Stefano Polesello ricercatore del Cnr che per primo, per conto del ministero dell’Ambiente, aveva analizzato le acque della falda veneta contaminata. Stando a quanto detto in aula il campione era stato prelevato nel 2011 e poi congelato e poi è stato analizzato nel 2021, con nuove tecniche di indagine che prima non erano disponibili. Il dato dimostra che la presenza della sostanza chimica è risalente nel tempo rispetto alla data contestata nel capo di imputazione dei quindici manager di Miteni, Mitsubishi corporation e Icig, accusati a vario titolo di avvelenamento acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.
“Il teste Polesello ha chiarito che la conoscenza dei metodi analitici di sostanze chimiche nuove è necessariamente a disposizione del produttore delle stesse, vuol dire che la Miteni era sicuramente in grado di analizzare i composti a catena lunga e catena corta sin dal momento della loro produzione” commenta il professor Angelo Merlin che con i colleghi Marco Tonellotto, Vittore d’Acquarone e Giulia Bertaiola assistono le quattro società idriche che si sono costituite parte civile: Viacqua, Acquevenete, Acque Veronesi e Acque del Chiampo.
“La presenza di Pfas negli alimenti all’interno della zona rossa è più vasta del previsto; non riguarderebbe solo l’area attorno a Lonigo ma anche i Comuni lungo direttrice del fiume Fratta, ovvero Montagnana, Bevilacqua e Terrazzo. Quello che emerge dallo studio realizzato da ricercatori dell’Università di Padova e di Firenze deve essere preso in considerazione dalla Regione: effettui in terzo monitoraggio come aveva già annunciato nel 2019”. È quanto chiedono i consiglieri del Partito Democratico Andrea Zanoni e Anna Maria Bigon in seguito a quanto riportato nella ricerca ‘Sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) negli alimenti dell’area rossa del Veneto’ e pubblicato dalla rivista scientifica Epidemiologia & Prevenzione’, sulla base dei dati ufficiali della Regione ottenuti dopo il ricorso al Tar da Greenpeace e Mamme No Pfas. “Ricerca che evidenzia, tra l’altro come le matrici animali siano di gran lunga più contaminate rispetto a quelle vegetali”. “È grave che siano associazioni no profit e comitati a commissionare studi del genere, utili a tutelare la salute dei veneti, sopperendo alle lacune della Regione. Probabilmente meno si parla di questo inquinamento e meglio è per la popolarità del suo presidente, ma il silenzio di Palazzo Balbi è imbarazzante, un’omertà che i cittadini non meritano. L’ultimo monitoraggio sugli alimenti è del 2017, possibile che da allora non sia stato ritenuto prioritario realizzarne uno ulteriore? Era stato annunciato per finire nel dimenticatoio. Ieri abbiamo presentato un’interrogazione per sapere se questa promessa si tradurrà a breve in fatti concreti. Fatti che aspettiamo anche su caratterizzazione e bonifica del sito Miteni, su cui la Giunta continua a non rispondere, nonostante un’interrogazione di quasi sei mesi fa”.