Ecco la fine della primavera di Praga La dottrina di Breznev mette fine al socialismo dal volto umano di Alexander Dubcek

Il 18 Luglio 1968, un mese prima dell’invasione, Alexander Dubček tenne un discorso alla televisione, in cui, dopo avere ribadito di continuare a perseguire “una politica che consenta al socialismo di non perdere il suo volto umano”, dichiarò: “noi difenderemo come la pupilla dei nostri occhi questa posizione strategica del socialismo”. Con questa affermazione egli non intendeva affatto infrangere l’unità con i paesi socialisti europei e tanto meno con l’Unione Sovietica, con la quale affermò esservi un legame di “sincera amicizia profondamente radicata nei nostri sentimenti”. Gli premeva tuttavia rivendicare l’autonoma via nazionale al socialismo: “saldamente radicato sul terreno del nostro paese, nei pensieri e nei sentimenti del nostro popolo, affinché possa rispondere, oltre che ai principi di validità generale, anche alle nostre condizioni nazionali e alle tradizioni cecoslovacche”. Il discorso fu la risposta di Dubček all’URSS, che in Giugno aveva inviato al Comitato Centrale del PCC una lettera, firmata anche dagli altri paesi del Patto di Varsavia, in cui Brežnev enunciava la teoria della “sovranità limitata”: “Noi non possiamo accettare che delle forze ostili facciano deviare il vostro paese dalla via al socialismo e minaccino di sottrarre la Cecoslovacchia alla comunità socialista. Voi non siete soli: è in gioco la casa comune di tutti i partiti, di tutti gli Stati comunisti e dei lavoratori, uniti in alleanza, cooperazione, amicizia”. In Settembre, durante un incontro con i dirigenti del Partito Operaio Unificato Polacco, Brežnev meglio esplicitò le ragioni dell’intervento militare in Cecoslovacchia: “I popoli dei paesi socialisti e dei partiti comunisti hanno certamente e dovrebbero avere la libertà di determinare le modalità di sviluppo dei loro rispettivi paesi. Tuttavia, nessuna delle loro decisioni dovrebbe danneggiare il socialismo nel loro paese o gli interessi fondamentali di altri paesi socialisti e l’intero movimento della classe operaia, che lavora per il socialismo. Ciò significa che ogni partito comunista è responsabile non solo del proprio popolo, ma anche di tutti i paesi socialisti, dell’intero movimento comunista. […] La sovranità di ogni paese socialista non può essere contrapposta agli interessi del mondo del socialismo, del movimento rivoluzionario mondiale”. In Cecoslovacchia si avviò un processo di “normalizzazione” graduale ma radicale e il 17 Aprile 1969
Dubček fu costretto a dimettersi da segretario generale del PCC.

Romeo Ferrari, docente di storia e filosofia