Grandi speranze, l’Hellas di Veneranda Il tecnico è considerato un “duro”, ma non riesce a costruire un Verona vincente

Allora, chi li conosce? Da sinistra: Bencina, D’Ottavio, Tricella, Gentile, Superchi, Brilli; in basso, Fedele, Vignola, Piangerelli, Trevisanello e Bergamaschi. E’ la stagione ‘79-’80, l’Hellas di nando Veneranda. La società, guidata dal geometra Brizzi, il presidente col foulard, che harimpiazzato Saverio Garonzi, lo sceglie per la sua fama di “duro”, un tecnico emergente chepunta molto sulla preparazione atletica, in un calcio che sta lentamente cambiando.
In quel Verona c’è un giusto mix di “vecchi” marpioni (anche Ciccio Mascetti, Tazio Roversi e Bobo Boninsegna, oltre a Fedele, Franzot e Superchi), e di giovani speranze (Vignola, Capuzzo, Tricella, D’Ottavio…). Valentino Fioravanti li definisce “i marines di Veneranda”, una foto che rende bene l’idea di come il tecnico privilegiasse l’aspetto atletico.
Il mix, bello sulla carta, non dà in realtà i risultati attesi. Un po’ perchè i vecchi tollerano fino a un certo punto i metodi innovativi (e faticosi…) del mister, un po’ perchè non sempre i cocktail riescono secondo le intenzioni. Così il Verona, che pure resta in zona “play off” a lungo, scivola poi in una posizione anonima, non certo in linea con le ambizioni della vigilia.
L’Hellas finisce al tredicesimo posto e la società pensa al futuro, che non può essere ancora Nando Veneranda. La stagione serve comunque a consacrare Beniamino Vignola (37 presenze, più di tutti) e la vena di Nicola D’Ottavio, che firma 9 gol. Pochi per il sogno della serie A…