“Il piacere è tutto mio”: ne vale la pena Convincente l’opera di Sophie Hyde, che esalta una grandissima Emma Thompson

Nancy Stokes è un’insegnante di letteratura in pensione, rimasta vedova da poco e desiderosa di riscoprirsi. Affascinata dalla possibilità di approfondire la conoscenza del suo stesso corpo, per anni trascurato da un marito poco incline all’esplorazione sessuale, la donna decide di fissare un appuntamento con un sex worker professionista; i due si incontrano in una camera d’albergo e si presentano con i rispettivi pseudonimi, ma quando si tratta di entrare nel vivo della faccenda la donna inizia a tergiversare, indugiando su se stessa, sulla propria storia e iniziando a fare domande sempre più personali al suo aitante accompagnatore… Racconto ad impostazione teatrale ambientato quasi interamente in una camera d’albergo, Il piacere è tutto mio è una commedia a sfondo sessuale, simile per molti aspetti ai tanti film del genere che affollano il panorama cinematografico contemporaneo, eppure da essi anche profondamente diversa; innovativa sotto il profilo dell’analisi psicologica dei personaggi e brillante per l’attento studio che conduce sugli stereotipi sociali e sulle etichette, l’opera diretta dalla regista Sophie Hyde e scritta dall’autrice comica televisiva Katy Brand, riesce nell’ardua impresa di mescolare dramma e ilarità in un equilibrio pressoché perfetto, tanto nella distribuzione dei temi quanto nella durata. Nei 97 minuti durante i quali Nancy e Leo si rimbeccano, si scoprono – anche e soprattutto emotivamente – e discutono della vita e delle sue difficoltà, la comicità più piana si eleva per brillantezza di scrittura e si pone sempre al servizio di questioni stringenti e profonde: identità e vocazione, scoperta dell’altro, ruoli sociali e rapporto genitori figli\boomers-millennials sono la materia viva della sceneggiatura di un film fatto di dialoghi serrati e di atmosfere semplici, ma efficaci. A rafforzare il piacevole sentore di intimità e quasi vicina quotidianità della narrazione, una regia a completo servizio della storia e che mai, tuttavia, risulta asettica o distaccata. Primi piani, focus su gesti e micro-espressioni di esitazione e disagio sono il cuore dell’intera struttura filmica, ed è proprio attraverso di essi che si rende evidente l’enormità delle interpretazioni dei due protagonisti. Se Emma Thompson infatti giganteggia, attraendo magneticamente a sé lo sguardo della camera e offrendosi tutta, anima e corpo, al suo personaggio e a ciò che esso incarna, il giovane irlandese Daryl McCormack (già visto nella serie tv Peaky Blinders) offre il suo volto fresco e gentile e il suo innegabile physique du role, reggendo alla perfezione il confronto con la più navigata collega. Presentato alla Berlinale 2022 e in uscita nelle sale italiane da oggi, 10 novembre, Il piacere è tutto mio (o Good luck to you, Leo Grande, col più adeguato titolo originale) si presenta insomma come una delle commedie migliori dell’anno per originalità e coraggio nell’approfondimento di temi spesso discussi superficialmente e mai davvero sviscerati con l’arguzia e l’intelligenza qui dimostrati.

VOTO: 8,5

Maria Letizia Cilea