“Noi non abbiamo paura del virus” Un’infermiera racconta: “E’ il nostro lavoro, è la missione che abbiamo scelto”.

Gabriella, infermiera del reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale di Borgo Roma, racconta la sua esperienza in questo periodo così difficile. Il suo è il racconto di chi, come tutti quelli che fanno il suo mestiere, vivono a contatto ogni giorno e in prima persona con il Coronavirus.
 “Da quando è scoppiata questa crisi, le giornate al lavoro non sono uguali a quelle che sono sempre state. Comincia il turno, ed ecco che comincia anche il continuo andirivieni di persone da dover assistere: ma non è un via vai qualunque, è un via vai raddoppiato rispetto a prima, un via vai che necessita di procedure speciali, un via vai che non lascia spazio a momenti di pausa. Questo avviene per un semplice motivo: non tutti quelli che arrivano sono affetti da Coronavirus”.
“Questo significa che una parte di pazienti sono casi già accertati, e quindi vengono lasciati in reparto. Un’altra parte invece sono ancora in fase di accertamento, perché hanno patologie particolari ma devono prima assicurarsi che non siano affetti da Covid19. Tutti, comunque, vengono trattati allo stesso modo, come se fossero positivi al virus, per garantire il massimo della protezione. Poi si attende il risultato del tampone: chi è positivo rimane in malattie infettive. Chi risulta negativo, invece, viene trasferito nel reparto di competenza. Infine, chi  ha sintomatiche molto elevate, cioè grosse difficoltà respiratorie, o se i pazienti già ricoverati peggiorano, devono essere trasportati in terapia intensiva”.
“Per prima cosa bisogna vestirsi: noi infermieri e i medici, oltre alla normale divisa, dobbiamo indossare uno sopracamice impermeabile, una mascherina filtrante, la visiera protettiva e un doppio paio di guanti. Quando il paziente arriva, ha già addosso la maschera, noi lo portiamo in stanza e iniziamo a somministrargli le terapie. Gli si misura la temperatura, spesso mette l’ossigeno e si attendono le disposizioni del medico. Il passaggio più pericoloso però, quello in cui c’è il rischio di contrarre il virus, è il momento della svestizione. Infatti, essendo un’infezione che si può contrarre sia per via aerea sia da contatto, bisogna seguire dei procedimenti accurati e ben dettagliati per togliersi il tutto. Ed è qui che ci sia rende conto di quanta fatica si fa per dedicarsi ad un’unica persona: il tempo è poco, le cose da fare sono molte e prima di entrare in contatto con ogni paziente bisogna prima vestirsi e poi svestirsi, sempre. E, come anche negli altri ospedali, i posti letto sono stati aumentati…”
“Ogni giorno, poi, bisogna fare i conti con una nuova disposizione. Trattamenti diversi, nuove procedure da seguire, casi particolari o pazienti che si aggravano. Per fortuna le ore di lavoro non sono aumentate, ma è aumentato il personale, che è arrivato da Borgo Trento. Solo i medici sforano l’orario, ma per loro è una consuetudine… . La fatica però è tanta. Il cibo e le medicine, per chi è autonomo, vengono passati ai ricoverati attraverso uno sportellino posizionato nell’anticamera della stanza, che noi chiamiamo la “zona filtro”. Le camere sono tutte a pressione negativa, così l’aria entra ma non esce. Cerchiamo di entrare nelle camere solo lo stretto indispensabile, ma la maggior parte delle ore la passiamo a correre da una stanza all’altra”.
“Personalmente, io non ho paura del virus. Ognuno di noi è consapevole del rischio che corre, ma fa parte del mestiere, e lo si sa fin dall’inizio. Per noi infermieri e medici del reparto di malattie infettive, essere esposti al Covid non è diverso dall’essere esposti all’HIV o alla tubercolosi. Siamo stati formati per affrontare questo tipo di epidemie, come l’ebola o la Sars, ma la verità è che non abbiamo mai vissuto nulla di simile prima d’ora. La paura, invece, è quella di sbagliare: a somministrazione i farmaci o a non eseguire correttamente tutte le procedure. Lo stress è tanto e spesso arriviamo a fine turno stremati dalla stanchezza.  soprattutto perchè ci sono tante cose da fare contemporaneamente, ma tutte dovendo seguire le apposite procedure. Ma noi ce la mettiamo tutta… e se, stando a casa, ognuno farà la sua parte, potremmo davvero, tutti insieme, sconfiggere questo virus”.
di Valentina Farina