Ecco la nuova “classifica” dei rifiuti La nuova disciplina tributaria impone una revisione attenta anche ai Comuni: le novità

E’ entrata in vigore all’inizio di quest’anno la nuova disciplina tributaria introdotta dal D.Lgs. n. 116 del 2020, che ha riscritto le regole sulla classificazione dei rifiuti, ridefinendo il perimetro degli “urbani” e degli “speciali”, facendo il “venire meno il potere dei comuni di regolamentare l’assimilazione, per qualità e quantità” e confermando la possibilità per le attività commerciali, artigianali e industriali di affidare al mercato i propri rifiuti urbani.
E’ scaduto lo scorso 31 maggio il termine a disposizione per le imprese per comunicare al Comune in cui è ubicata la loro sede l’intenzione di affidare al mercato i propri rifiuti urbani e quindi uscire dal servizio pubblico a decorrere dal 1° gennaio 2022. In questi mesi non sono state tante le imprese che hanno optato per l’uscita dal servizio pubblico, complice anche una disciplina ancora poco chiara e definita nei tempi e nelle modalità di opzione.
Dall’anno prossimo ed a regime, le imprese avranno tempo fino al 30 giugno di ogni anno per comunicare tale opzione a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo.
Per le imprese che escono dal servizio pubblico e dimostrano di aver avviato a recupero i rifiuti con altri operatori la norma ha previsto la riduzione della Tassa Rifiuti, mediante eliminazione della parte variabile del tributo. Le imprese dovranno attrezzarsi in altra maniera per lo smaltimento dei propri rifiuti rivolgendosi ad operatori privati con i quali dovranno essere sottoscritti impegni contrattuali almeno di durata quinquennale. Le imprese, pertanto, prima di uscire dal servizio pubblico dovranno effettuare una analisi costi/benefici confrontando quanto risparmiato in termini di minor Tari.
La nuova classificazione dei rifiuti avrà un impatto in particolar modo sulle attività connesse a quelle agricole (ad esempio, agriturismi): tutti i rifiuti da esse prodotte sono ora classificati come “speciali” (non più urbani) e non potranno più essere conferiti al servizio pubblico di raccolta. Di conseguenza tali imprese non pagheranno più la Tari (sia la quota fissa che quella variabile) e dovranno rivolgersi al mercato privato per lo smaltimento dei loro rifiuti.
Con riferimento poi alle attività industriali con capannoni di produzione, la nuova normativa ha eliminato la possibilità di produrre rifiuti urbani o assimilati ad essi, con la conseguenza che da tali attività sono prodotti unicamente rifiuti speciali, non conferibili al servizio pubblico.
E’ da segnalare, infine, il timore dei Comuni che l’utilizzo diffuso di questo sistema di fuoriuscita dal servizio pubblico focalizzato più sul “recupero” che sul “riciclo” possa generare un concreto rischio di maggiori irregolarità sulla gestione che renderà necessario un concreto rafforzamento dei controlli.

Marco Vantini