“Ho visto Cruijff, la rivoluzione del calcio” "Il mondiale del '74, vinto dalla Germania, segnò una svolta, grazie a quell'Olanda"

È un lancio lungo a rincorrere un pallone nel passato, nel cuore degli anni settanta, alle sorgenti del calcio moderno. Si chiama “Ho Visto la Rivoluzione” (Absolutely Free) l’ultimo lavoro di Lorenzo Fabiano, giornalista veronese, da pochi giorni nelle librerie: è un viaggio a ritroso, in Germania, allora Ovest, dove nel 1974 si tennero i campionati del mondo che consegnarono alla storia il mito dell’Arancia Meccanica bella e impossibile di Johan Cruijff e Rinus Michels; vinse alla fine il pragmatismo dei tedeschi: ma questa, come anni più tardi avrebbe detto Gary Lineker, non sarebbe stata una gran novità.
Lorenzo, cominciamo dal titolo: la rivoluzione…
«Fu il primo mondiale dell’era moderna, con l’arrivo degli sponsor tecnici, la copertura integrale della televisione e il debutto di una squadra africana, lo Zaire del dittatore Mobutu. Ma quel mondiale segnò soprattutto il passaggio da un calcio stanziale, statico, di trincea, a una calcio più atletico fatto di collettivo, movimento e dinamismo. La rivoluzione si materializza davanti ai mei occhi, il 15 giugno del 1974 quando l’Olanda annienta l’Uruguay, una presunta grande del calcio mondiale. I sudamericani vennero travolti dall’onda arancione finendo per non capirci più nulla. Impressionante, attaccavano e difendevano in undici occupando ogni angolo del campo. Ero bambino, e rimasi estasiato: come scrive Roberto Beccantini nella prefazione, se vedi una rivoluzione a 8 anni, ti rimane addosso e non te la scordi più. È successo proprio questo». Alla fine vinsero però i tedeschi. Perchè?
«L’Olanda arrivò alla finale con un solo gol al passivo e per giunta su autorete. In vantaggio dopo appena un minuto, commise il grave errore di specchiarsi e pensare che fosse fatta. Con i tedeschi non te lo puoi permettere. La miglior fotografia di quel pomeriggio del 7 luglio del ‘74 la scattò Helmut Schön, vecchio saggio allenatore della Germania Ovest: “L’ Olanda una pioggerellina incessante; noi un temporale”. Meglio non avrebbe potuto descrivere quanto successe»
Parli di Olanda, e non puoi non soffermarti su Johan Cruijff, il suo profeta…
«Un genio del calcio, a mio modestissimo parere il più grande di tutti. Nessuno come lui ha inciso sul cambiamento di questo sport: un fuoriclasse universale che ha aperto le vie del nuovo mondo»
Altri protagonisti di quel mondiale?
«Ce ne sono tanti, ma due dannati come il brasiliano Francisco Marinho e l’argentino Renè Housemann, accomunati da vite trascorse su e giù dai tornanti dell’autodistruzione, confesso che mi hanno lasciato un solco»
Quel mondiale segnò la fine del ciclo azzurro di Ferruccio Valcareggi…
«Una squadra vecchia che praticava un calcio vecchio. Valcareggi, un gran signore, non riuscì a tenere in pugno la situazione; pagò anche per colpe non sue: feudi, reucci, e l’invadenza dei dirigenti, le cause del disastro. La ribellione di Chinaglia fece poi scoppiare un putiferio, che si tradusse in un melodramma all’italiana. Ma c’è di più…»
Prego…
«I tempi erano cambiati. L’Italia era nel 1974 divisa sulla questione del divorzio, cosa assodata da tempo per un paese aperto, giovane, fresco e progressista come l’Olanda. Fu una sconfitta culturale. Era arrivato il rock, ma noi non ce ne accorgemmo e così a quella Woodstock tedesca mandammo Claudio Villa, con tutto il rispetto per Claudio Villa”.