After Life, cercatelo su Netflix: è super Humour nero e dramma sapientemente dosati, ne esce una serie che è tutta da vedere

C’è vita dopo la morte? Per chi muore, forse. Nessuno lo sa con certezza. Ma per chi resta, invece? Si può continuare a vivere dopo la dipartita di una persona cara?
Per Tony Johnson, protagonista del dramedy Netflix After Life, la risposta è un no secco e brutale. Da quando un cancro al seno si è portato via l’amatissima moglie Lisa, il cinico e burbero giornalista Tony ha deciso che vivere non ha più senso. Sarebbe anche incline al suicidio, non fosse tanto affezionato al suo cane. Perciò ogni mattina si sveglia, riguarda per l’ennesima volta i video registrati da Lisa, poi si prende cura del cane e infine si reca alla redazione del Tambury Gazette, dove ignora il proprio mestiere e si dedica alla sua nuova attività preferita: insultare chiunque gli passi accanto.
Amici, colleghi e parenti tentano invano di aiutarlo a ritrovare una ragione per essere felice, ma Tony sembra determinato: non riuscirà più a vivere serenamente, ma durante le tre stagioni intraprenderà un percorso che renderà la sua esistenza quantomeno sopportabile.
Quello che lo attende non è di certo il percorso canonico che ci si aspetta dopo un lutto. Ma cos’è “canonico” in questi casi? Non esiste un manuale per il dolore, ognuno cerca semplicemente di fare fronte alla perdita di una persona amata come può; ed è proprio attorno a questa ingombrante verità che si snodano i diciotto episodi del capolavoro scritto e diretto dal re della comicità sfacciata Ricky Gervais, qui peraltro interprete magistrale dell’irreverente protagonista.
Spesso i prodotti d’intrattenimento che trattano del complesso binomio malattia-morte finiscono per sprofondare nel baratro del cliché tragico, ma quando c’è Ricky Gervais di mezzo questo rischio si neutralizza. La proverbiale capacità dell’artista inglese di dosare con maestria humour nero e dramma gli ha consentito infatti di portare sugli schermi un format rivoluzionario ed efficace, capace di dare voce a quella vulnerabilità umana che, purtroppo, viene frequentemente nascosta.
Una vulnerabilità, quella rappresentata, che va ben oltre la perdita, abbracciando ogni tipo di dolore e difficoltà, perché alla battaglia di Tony si affiancano quelle di tanti altri personaggi secondari. Tante coloratissime tessere di un puzzle che costituisce una società tanto paradossale quanto verosimile: è proprio questa vicinanza alla reale esperienza della nostra quotidianità a farci innamorare di After Life, dei suoi strampalati personaggi e dei loro insegnamenti.

VOTO 10

Martina Bazzanella