Annette, la rivoluzione può attendere – di Maria Letizia Cilea Arriva nelle sale con grandi premesse e promesse, ma la pellicola lascia perplessi

Dopo aver vinto il premio come Miglior regista al Festival di Cannes 2021, Leos Carax e il suo Annette arrivano nelle sale italiane con la promessa di rivoluzionare l’esperienza cinematografica del musical.

Scritto dagli Sparks, la rock band statunitense composta dai due fratelli Ron e Russel Mael, Annette racconta la storia di Henry e Ann: lui eccentrico stand up comedian e animale da spettacolo – si fa chiamare “la scimmia di Dio” -, lei talentuosa e raffinata cantante lirica. I due non potrebbero essere più diversi, ma il loro amore è talmente forte da fonderli in un unico corpo e una sola anima. Dalla loro passione nasce Annette, una bimba col corpo di un burattino di legno, che col suo arrivo prepara la distruzione del già fittizio equilibrio della coppia, svelando la natura dei due innamorati e la tossicità della loro relazione.

Ideato e pensato dagli Sparks come un libretto d’opera nel quale le canzoni dettano la trama e i dialoghi, per far sì che Annette assumesse la forma cinematografica ci sono voluti otto anni di lavorazione; sono stati anni febbrili, durante i quali Leos Carax ha lavorato con gli Sparks per limare, riadattare e talvolta riscrivere una storia che trasforma l’assurdo in realtà, gettandoci in un incubo, capace – come tutti i sogni – di parlare di noi, della nostra società e della nostra cultura con una prospettiva molto più ficcante di quanto si possa immaginare.

Ispirandosi al barocchismo e alla nerezza di Edgar Allan Poe, Carax mette in scena una fiaba nera post moderna, nella quale i personaggi vivono sul crinale dell’abisso più oscuro della loro mente, finendo inevitabilmente per caderci dentro: quella che Henry imbocca, nella sua doppia veste di marito devoto e di comico provocatorio, è una via di autocompiacimento, violenza e ira senza ritorno, pericolosa almeno quanto il sentiero di perdizione e sottomissione che caratterizza il personaggio di Ann. Smarrendosi in questa oscurità i due tirano fuori le tematiche più contemporanee, dalla mascolinità tossica contemporanea all’altrettanto dannosa tossicità del mondo dello spettacolo. C’è poi l’ambiguo personaggio di Annette, figura umana-artificiale dallo sguardo malvagio, metafora e proiezione di tutto il putrido che galleggia nell’animo dei due protagonisti: minuscola e onnipresente, sta lì a infestare le menti e a ricordarci che nel tentativo di migliorarsi si può sempre cadere nelle proprie vecchie, cattive e mortali abitudini.
Tutto insomma sembra scoppiettare nel film di Carax. Ma nonostante l’innegabile potenza di alcune soluzioni estetiche, Annette insiste troppo e troppo a lungo (2h20) su arrovellamenti cervellotici superficiali e inutili, dimenticandosi di quella cruciale sostanza di temi e narrazioni che resta solo sottotraccia, seppellita dal kitsch, da canzoni inconsistenti e dai lunghissimi monologhi cantati. Perduta la forza emotiva del suo film, Carax si salva solo grazie alle interpretazioni di Adam Driver e Marion Cotillard, perfetti nell’interpretare un’umanità talmente tormentata da arrivare, con inquietante semplicità, all’autodistruzione.

Voto: 5