Aria di burrasca, è l’ora di Erminero Gozzi gli chiede di “traghettare” il Comune nell’ora di Tangentopoli: e lui accetta

Rossella Lazzarini

Enzo Erminero diventa sindaco di Verona il 24 aprile 1993, nel difficilissimo periodo di Tangentopoli e nel delicato passaggio tra la prima e la cosiddetta seconda Repubblica. Quando il voto del consiglio comunale lo insedia sullo scranno di palazzo Barbieri, Erminero ha 62 anni. Democristiano di lungo corso e leader veronese della componente che faceva riferimento ad Aldo Moro, era stato consigliere comunale e provinciale, segretario della Dc e parlamentare dal 1968 al 1983, ricoprendo anche l’incarico di sottosegretario al Commercio prima e alle Finanze poi.

Dopo le dimissioni da sindaco di Aldo Sala, il Comune rischiava il commissariamento. Le inchieste contro la corruzione del procuratore Guido Papalia avevano falcidiato il gruppo dirigente cittadino, sia della Dc che del Psi. E’ allora che Renato Gozzi, allora commissario della Dc veronese su incarico del segretario nazionale Mino Martinazzoli, chiede ad Erminero di fare il sindaco alla guida di un monocolore democristiano, per traghettare l’amministrazione verso le nuove elezioni.

“Nei confronti di Gozzi ho sempre avuto grande stima -racconterà Erminero a Federico Bozzini nel libro “Destini incrociati”- e in quel momento per me, come per molti altri, lui era l’unico riferimento. A suo avviso una mia candidatura consentiva di guadagnare tempo e permetteva una decantazione politica. Forse, se ci avessi pensato un giorno o due, avrei rifiutato. Ma non ho rimpianti”.

Il mandato a termine non impedisce a Erminero di portare a compimento opere già impostate, sottoponendo al voto del consiglio comunale numerosi provvedimenti: dal Piano di salvaguardia (premessa ad un nuovo piano regolatore) al nuovo Piano per l’edilizia economico popolare, a opere pubbliche per quasi 30 miliardi. Tra i provvedimenti approvati in quel periodo: la dismissione dell’ex macello comunale, assegnato alla società che gestisce il Mercato Ortofrutticolo, l’affidamento della gestione di Casa Serena alla Pia Opera Ciccarelli, l’individuazione di una nuova sede per la Questura in lungadige Galtarossa, nella sede dell’Agsm.

Il primo settembre 1993 si apre la terza crisi politica dell’amministrazione comunale nel giro di un anno. La giunta monocolore si dimette, sostituita il 30 ottobre da una nuova giunta, guidata sempre dal sindaco Erminero e formata da Dc, Psi, Verdi e Psdi. Entrano anche gli assessori esterni Averardo Amadio, Cristina Tantini e Gianarnaldo Caleffi. L’amministrazione avrà vita breve: un mese.

Le inchieste del procuratore Papalia sull’intreccio tra affari e politica erano arrivate ad interessare anche alcuni consiglieri comunali. La maggioranza decide allora di sciogliersi e di porre fine al mandato amministrativo con un anno e mezzo di anticipo: il primo dicembre, 33 consiglieri comunali depositano la lettera di dimissioni. La sera stessa il Prefetto di Verona Giuseppe Maggiore nomina commissario Alberto De Muro, che resterà in carica fino al 30 giugno 1994. Per la prima volta Verona viene amministrata non da un sindaco ma da un commissario.