Bassetti: ”C’è chi fa del terrorismo” "Io non ci sto, resto dell'idea che serva un'informazione corretta e dati oggettivi"

L’emergenza coronavirus è scoppiata all’improvviso manifestandosi in una forma più grave di quella che immaginava Matteo Bassetti. Il direttore della clinica di malattie infettive del San Martino di Genova ha ammesso subito l’errore, ma al tempo stesso ha ribadito che non è il caso di fare terrorismo psicologico dinanzi all’attuale situazione epidemiologica. “C’è una sostanziale differenza tra chi parla e scrive sui social o alcuni giornali – si è sfogato Bassetti in un lungo post pubblicato su Facebook – e chi parla e scrive avendo di fronte la realtà dei fatti: si chiama esperienza, ottenuta studiando sui libri e sul campo. Ed è quella che in queste ore mi permette di affrontare a testa alta il linciaggio mediatico a cui gli oliatori seriali, la maggior parte fake, mi hanno sottoposto”.

Dopo aver ribadito di aver studiato la malattia e aver vissuto a stretto contatto con lei per mesi, Bassetti ha sottolineato che “il virus si può e si deve sconfiggere e la paura può essere solo un ostacolo che io non cavalcherò mai. Le scelte prese e le mie considerazioni sono solo frutto di dati scientifici e di ore passate in corsia. Dispiace per chi punta a screditarmi soffiando sulle legittime paure della gente”.

Poi Bassetti ha offerto il suo punto di vista sulla’attuale situazione: “Servono interventi mirati e misure stringenti in quelle città o in quei quartieri dove vi è maggiore percentuale di contagio. Solo così possiamo mantenere un equilibrio per il bene di tutti, circoscrivendo il virus senza condannare a fine certa le nostre attività. Chi ha interpretato male le mie parole è in malafede, chi alimenta le preoccupazioni della gente è un terrorista. Invece mai come in questo momento ci vogliono calma e sangue freddo”.

C’è un problema con cui la comunità scientifica ha a che fare da quando si è sviluppata la pandemia di coronavirus: i tamponi. Non mancano infatti i casi di falsi positivi. Il problema è dettato dal fatto che questi sono nati non per diagnosticare la malattia, ma a scopo di ricerca. A spiegarlo è il professor Giulio Tarro, intervenuto ai microfoni di Radio Radio durante la trasmissione Un giorno speciale. “Il professor Mullis, che ha scoperto questa metodica, aveva detto fin dall’inizio che non bisognava usarlo come metodo diagnostico ma come mezzo di ricerca”. Inoltre, ha spiegato che l’enorme aumento del numero dei tamponi è stato giustificato dall’intenzione di trovare delle positività. “Ci sono positivi che per definizione sono dei falsi positivi perché hanno degli anticorpi. L’acido nucleico è inattivo. Non solo non sono contagiose, ma sono pure protette”. Quindi, così si va ad arricchire il numero dei casi con soggetti che sono positivi ma hanno virus inattivo, per questo Tarro li ritiene falsi positivi.
Il professor Giulio Tarro è stato anche sollecitato a dare uno sguardo all’estero. “La famosa ricetta israeliana era quella di far circolare il virus tra i giovani e isolare gli anziani, proteggere gli anziani e gli affetti da altre patologie”, ha dichiarato a Radio Radio. E poi ha guardato alla Svezia, che ritiene “ormai un punto di riferimento per l’approccio a questo virus”. E quindi è intervenuto anche sulla questione della quarantena: “Un soggetto che per 3 giorni non ha sintomi non va neppure disturbato”.