Bentornata Verona! La città ricomincia a respirare Un sabato dal clima estivo ha anticipato di 48 ore la “fase 2”: la gente, in modo ordinato, si è riappropiata della libertà

Finalmente. Verona si è ri­svegliata. Un sole caldo, oggi, ha riaccolto le fa­mi­glie nelle piazze e nelle vie del centro. Tutti, o quasi, erano distanza di sicurezza e con la mascherina. Il peggio è passato? Non pos­siamo dir­lo, e ascoltare l’esercito dei virologi non aiuta a chiarirci le idee. Di certo però questo primo assaggio di libertà, pur vi­gilata, ce lo siamo gua­da­gnati, eccome. Il Veneto ha reagito all’epidemia molto meglio di altre regioni. Merito del no­stro sistema sanitario, è evidente, ma se non a­ves­simo avuto un com­porta­mento responsabile non saremmo qui a parlare delle ordinanze di Zaia né di corse in pantaloncini corti e t-shirt. Lungo la passeg­giata di Castelvecchio, sta­mattina, un gruppetto di trentenni discutevano di mare e vacanze. “Dove vado io la spiaggia è grande, non ci sarebbero problemi” diceva al resto della comitiva un ragazzo con la mascherina blu e i capelli rasati. Andremo in vacanza? Noi pensiamo di sì, speriamo che il caldo metta definitivamente ko il maledetto virus, ma ormai ci stiamo abituando a vivere nell’incertezza: due mesi fa parlare di queste cose sa­rebbe stato folle, dunque è già un traguardo. Piazza Bra non somiglia più a un paesaggio lunare: ristoranti e bar del Liston rimangono chiusi ma il salotto della città sta ricominciando a vivere: i piccoli girano in bici attorno alla fontana sotto lo sguardo attento dei grandi che si chiedono cosa si potr fare da lunedì. Già. La gente scherza sugli “affetti stabili” e si domanda se il premier Conte si farà pren­dere ancora una volta dalla febbre del sabato sera piom­bando nelle nostre case. Vedremo. Intanto Ve­rona sta tornando a re­spi­rare, anche se il clima che si respira attorno a molti bar ricorda la Chicago degli anni ’20 alle prese col proibizionismo. Gli eser­centi, per non morire di de­biti prima ancora che di Covid, distribuiscono spritz e birre agli assetati passanti che per per non farsi bec­ca­re (e multare) dalle forze dell’ordine si rifugiano a sorseggiare nei vicoli: sba­gliato ma comprensibile do­po due mesi rinchiusi a ca­sa. I titolari dei locali non in­frangono alcuna legge. Il “take away” è consentito: non lo è consumare i pro­dotti per strada. Non si potrebbe mangiare al­l’aperto neanche il gelato e però nessuno aspetta che stracciatella e pistacchio gli colino sulle dita. Il divieto di sedersi sulle panchine è un lontano e cupo ricordo. La basilica di San Zeno vigilia su una moltitudine di per­sone attente e ligie alle regole. Piazza delle Erbe, ancora libera dai banchi, diventa una pista di pat­tinaggio. Qualcuno usa lo skateboard. E’ una città diversa da come la ri­cordavamo. E’ ancora più bella, perché oggi stiamo imparando a gustarcela nella sua semplicità, a ri­spettarla più di prima. Speriamo che anche i tu­risti, presto, possano tor­nare ad apprezzarla in tutto il suo splendore. Anche se il turismo di massa, folle e incontrollato, francamente non ci manca neanche un po’. Ci auguriamo che quest’incubo sia servito an­che a rivedere la politica del “dentro tutti”. Che la caccia forsennata al record di vi­sitatori sia finita qui.