Bernardi, un mito dal volto umano: emozioni e brividi "Quando fai una cosa devi dare il massimo, allora non hai niente da rimproverarti"

“Quando arrivai a Verona, eravamo penultimi, con un punto di vantaggio sull’ultima in classifica”. Lorenzo Bernardi, mister Secolo, una delle leggende dello sport italiano, sorride a ripensarci. “Vincemmo la prima partita, ma c’era qualcosa che non mi andava. Lo dissi in società…Ci serve un preparatore atletico. Il coach non ci credeva tanto, io andai dal presidente e gli dissi: “Senta presidente, se vuole fare i play off, mi prenda il preparatore atletico”. Forse mi prese per matto, di sicuro due giorni dopo il preparatore era lì, con noi…”
E di sicuro, la Marmi Lanza infilò “tredici vittorie di fila”, ride Bernardi. Un mito “dal volto umano”, l’altro giorno a Bardolino dove ha presentato il suo libro, ma dove ha vissuto due giorni in prima fila, per una splendida iniziativa voluta da Stefano Bianchini e nobilitata da finalità benefiche. “Ricordare Walter Guerra e la sua associazione, gli Amici di Walter”. Il “carico” l’ha messo lui, Bernardi, raccontando una vita di successi (“ma non solo…”), sul filo di un percorso costruito con sacrificio, impegno, passione, determinazione. “Se fai una cosa, devi farla al massimo, sempre. Quello che conta è lottare sempre dando tutto, solo allora sei in pace con te stesso, solo allora non hai nulla da rimproverarti”.Una straordinaria lezione di sport e di vita. “Ho letto il libro di Alex Zanardi, la sua teoria dei 5 minuti, è fantastica” ha detto Bernardi. “Quando gli altri non ce la fanno più, quando stai per mollare, tieni ancora duro 5 minuti, sono quelli che ti faranno vincere. Bellissimo. E’così per lo sport, ma è così anche nella vita di ogni giorno. Quando molli, hai perso”.
Non l’ha mai fatto, non lo farà mai. PiutPiuttosto dà un taglio netto. “Come quand’ero in Grecia all’Olympiakos e non ci stavo bene. Andai dal presidente e gli dissi, io torno in Italia. Fu allora che mi chiamò Cottarelli, da Verona. Mi chiese, sei sicuro di voler venire qui? Sì, gli risposi, tu non preoccuparti, giocherò a Verona”.
Il presente? “Oggi sono un allenatore a spasso. Aspetto. Sono a spasso perchè in Italia siamo bravissimi a cercare di distruggere più che a costruire. Il successo dà fastidio, la personalità dà fastidio, c’è un prezzo da pagare e io lo sto pagando. Pazienza”.
Non ha mai avuto paura di diventare allenatore “perchè so che comunque non potrei mai essere pari al Bernardi giocatore. Ma volevo e voglio trasmettere la mia esperienza agli altri. Però, per farlo, ho dovuto “uccidere” il giocatore e pensare da allenatore”.
Tra tutti gli aggettivi che gli hanno incollato, ne sceglie uno, più umano che tecnico. “Leale, mi piace. Lo sono, non potrei farne a meno. Leale, anche a costo, qualche volta, di far male, di dire le cose in faccia. Come facevamo noi, in quella squadra che ha scritto la storia. Generazione di fenomeni? Meglio, una generazione fenomenale. Grandi giocatori, ma prima ancora grandi uomini. No, non amici per forza. Ma sempre capaci di dirsi le cose in faccia. E di lottare per lo stesso obiettivo”.
R.Tom.