Blonde, un cattivo omaggio a Marilyn Il film sulla Monroe è una serie di emozioni negative che mortifica la grande star

La mattina del 5 agosto 1962 il mondo intero piange la scomparsa della trentaseienne Marilyn Monroe, ritrovata senza vita nella sua abitazione di Los Angeles in seguito a un’overdose da
psicofarmaci. In molti però ignorano che quella drammatica notte di sessant’anni fa a morire non
fu Marilyn – da quel fatale momento momento consacrata (o condannata?) allo status di beatificazione riservato ai grandi nomi di Hollywood – bensì Norma Jeane Baker, giovane donna
tormentata dalla pressione dello show business e da una vita che, sin dall’infanzia, non le ha mai concesso tregua.
È sull’intenso e oscuro rapporto tra Norma e il suo alter ego Marilyn che si snoda l’onirico e lunghissimo “Blonde”, film di Andrew Dominick in concorso a Venezia 79, in arrivo su Netflix il 23 settembre.
Basato sull’omonimo best-seller di Joyce Carol Oates, “Blonde” tenta uno sguardo intimo e inedito sulla vita di Norma Jeane, iniziando dalla schizofrenia e dai problemi economici della madre per arrivare alla devastante immagine del suo corpo senza vita riverso sul letto, la cornetta del telefono in mano e numerosi flaconi vuoti sul comodino. Fil rouge della labirintica narrazione sono l’incognita di un padre mai conosciuto e le drammatiche conseguenze che quest’assenza ha avuto nella costruzione della donna e del rapporto con i suoi tanti uomini.
Peccato che, per quanto originali potessero essere le intenzioni, il film del regista americano sia efficace solo nello stordire, scioccare e infastidire anche lo spettatore più ben disposto: la Marilyn
di Dominick è un animale da macello posto sotto i riflettori per ingolosire dei neanderthal perennemente affamati, un vulcano di emozioni negative e autodistruzione incapace di quietarsi.
Ma se questa scelta poetica rientra ancora nei limiti dell’accettabile, inconcepibili sono la messa in scena e le scelte registiche dell’autore: dettagli ginecologici persistenti e inutili, cambi di formato e di colori ingiustificati, accostamenti di immagini pacchiani e di cattivo gusto sono solo alcuni degli elementi che non rendono giustizia alla figura della protagonista, qui rappresentata come una donna senza cervello e incapace di reagire.
L’esito del film va peraltro contro l’incredibile lavoro che l’attrice protagonista Ana de Armas ha fatto sul personaggio. «Nessuno è preparato a vivere sotto una pressione del genere, ma Marilyn era una persona molto forte, ha fatto il meglio che ha potuto», ha dichiarato commossa inconferenza stampa. Nonostante la somiglianza con Monroe sia eccezionale, il suo lavoro è evidentemente sabotato dalla cattiva direzione del regista e da un’ancora più scadente sceneggiatura.

VOTO: 4

Martina Bazzanella