Buonsenso, Cartesio aveva ragione ? Il grande pensatore francese sosteneva “che è la cosa meglio distribuita al mondo”

Nel Discorso sul metodo, Cartesio scriveva che «il buonsenso è la cosa meglio distribuita al mondo», sostenendo che ciascun uomo è convinto di possederlo e, conseguentemente, di usarlo bene. Ma cosa si intende per buonsenso? Già dalla sua etimologia, si intende che il buonsenso è una caratteristica esclusiva, poiché si suppone che chi lo possiede si opponga a qualcun altro che, perciò, “sente male”.
È questo il senso subdolamente inteso anche oggi, da coloro i quali, nel dibattito pubblico, sostengono di farsi portavoce delle persone di buonsenso, avocando a se stessi il diritto alla comprensione corretta della realtà. Il buonsenso, in effetti, trova un corrispettivo nel senso comune, espressione che sposta l’attenzione sulla diffusione di un certo modo di pensare – implicitamente ritenuto, per questo, quello corretto. Il senso comune è il modo di pensare “normale”, quindi accettabile, e in quanto tale è buonsenso.
Naturalmente, tutto sta nel definire cosa si intende per modo di pensare “normale”, posto che nessuno di noi pensa, sempre e comunque, le stesse cose nello stesso modo degli altri; è vero, però, che gruppi di persone possono essere individuati che condividono mentalità, valori, idee. In questo senso, il buonsenso cessa di essere un’etichetta meramente denotativa, e diventa immediatamente strumento politico, in quanto diviene uno strumento retorico per celare una vera e propria ideologia. Buonsenso è di per sé un termine neutro, in quanto relativo, poiché l’insieme di idee che corrispondono a esso varia da comunità a comunità, e da cultura a cultura: non esiste né può esistere, quindi, un buonsenso universale.
Proprio per questo, a maggior ragione, il buonsenso è una categoria politica, e delle più insidiose, perché, mentre all’apparenza è un termine innocuo, esso veicola un atteggiamento aggressivo, attivo e non passivo: chi non risponde al buonsenso è automaticamente escluso dall’orizzonte della comprensione.
Cos’è in Italia, dunque, il buonsenso? Valutando il fatto che esso deve corrispondere alla morale dominante, e constatando le radici etiche e culturali di questo Paese, nonché l’utilizzo che del termine viene fatto, si deduce che il ben pensare italiano è un pensare in senso conservatore, paternalistico, moralistico e regressivo.
Non è un caso che il buonsenso venga invocato come contromisura di fronte a ogni proposta di cambiamento progressivo, di estensione di diritti, di modifica dello status quo a livello sociale ed etico. Di fronte a un fenomeno di questo tipo, è opportuno rivendicare il diritto e la possibilità di agire al di fuori del pensiero dominante, il cosiddetto mainstream – che non è, al di là di ciò che viene suggerito, il pensiero progressista, ma proprio quello reazionario.
Questo sulla base di due constatazioni: non esiste alcuna entità verificabile quale la normalità; e le mentalità, come i valori e i rapporti sociali, mutano nel tempo sotto la spinta delle pressioni più varie. Cercare di negare questi dati non solo è ineffettivo, ma rischia, spesso, di risultare controproducente e dannoso.

EffeEmme