Ca’ del Bue tra flop e fanghi, quale ambientalismo serve? Documento della direzione del Pd dopo la proposta del presidente di Agsm-Aim Testa. “Revamping solo se esclusi impatti negativi”

La possibile ripartenza, con caratteristiche ben diverse, dell’impianto di Ca’ del Bue per il trattamento dei fanghi apre un dibattito nella maggioranza del centrosinistra di Palazzo Barbieri molto profondo e che rappresenta varie anime: la sfida è coniugare l’aspetto tecnico che potrebbe vedere anche molti favorevoli, con l’aspetto politico dove si inseriscono invece le preoccupazioni per i contraccolpi elettorali.
Fermo da 30 anni, questo impianto ha bruciato centinaia di milioni di euro e molti amministratori delegati e presidenti di Agsm, ma non ha mai funzionato. Ora la nuova presidenza di Agsm-Aim con il presidente Federico Testa, ex presidente Enea (ente nazionale per energia e ambiente) vorrebbe studiare la possibilità di far tornare questo impianto utile economicamente e vantaggioso dal punto di vista ambientale con l’essicazione dei fanghi da depuratore. E un nuovo forno. Non si parla quindi di rifiuti solidi urbani. Prudentemente è stato chiesto da Agsm uno stop all’iter di approvazione in Regione per svolgere una Valutazione di impatto sanitario.
Ieri sera la direzione provinciale del Pd, principale partito della coalizione che esprime sindaco e presidente di Agsm, ha esaminato la questione e ha diffuso una nota molto secca.
Primo punto: no a qualsivoglia ipotesi di termovalorizzazione riguardante rifiuti solidi urbani: il Pd veronese ritiene tracciata la strada del recupero e dello smaltimento mediante raccolta differenziata, e crede non sia ammissibile alcun ripensamento in materia.
Secondo punto. No, anche, all’ipotesi della termovalorizzazione dei fanghi di depurazione contenuta nel progetto di Agsm-Aim per il revamping dell’impianto di Cà del Bue, fintanto che non sia possibile escludere ogni impatto negativo sulla salute umana. Vale il principio di precauzione.

“Non si può dire soltanto No, I problemi vanno risolti”

Si attende insomma la Valutazione di impatto sanitario. Una posizione che punta a tranquillizzare le comunità dei vari Comuni confinanti con l’impianto. Il documento proposto dal segretario provinciale Franco Bonfante è stato approvato con 30 voti favorevoli e 2 astensioni.
Il presidente Testa, in occasione del recente incontro di presentazione della proposta in Fiera, ha anche precisato che l’impianto è destinato soltanto a fanghi derivanti da depurazioni civili, quindi con esclusione di altre tipologie di rifiuto, compresi i fanghi industriali.
Pfas. Resta l’incognita della presenza dei Pfas nei fanghi. “La letteratura scientifica in materia non pare fornire sufficienti rassicurazioni circa gli effetti della termovalorizzazione su queste sostanze. E in assenza di dimostrazioni tecnico-scientifiche confermate e consolidate, va fatto valere il principio di precauzione”, si legge nel documento.
Ma il dibattito riporta anche in superficie l’attualità delle politiche ambientaliste: quello che valeva 30 anni fa è ancora attuale visti i progressi della tecnologia? Nelle varie anime della maggioranza di Tommasi si respirano sensazioni diverse. Se da Sinistra italiana (Bertucco) e Pd (abbiamo visto il documento) le posizioni sembrano piuttosto nette, altre componenti della maggioranza sembrano auspicare un ambientalismo rivolto alla soluzione dei problemi più che al No a prescindere.
“Secondo me l’ambientalismo non è quello che risolve i problemi portando i fanghi in Ungheria o in Basilicata, ma è quello che lavora per trovare soluzioni”, premette Alberto Battaggia, presidente della commissione consiliare Cultura e referente della Lista Damiano Tommasi sindaco. “La presentazione dell’impianto per essiccare i fanghi che ho ascoltato da Agsm Aim in Fiera mi è parsa convincente: l’impianto non si farà se le analisi dimostreranno la pericolosità per il territorio e le comunità che vi abitano. Ma oggi di fronte ai problemi che si manifestano c’è bisogno anche di mettere in campo progettualità tecnica per cogliere le opportunità: l’impianto per i fanghi può ridare valore economico al sito di Ca’ del Bue che altrimenti è destinato solo ad andare in rovina, può risolvere un problema ambientale serio, quello dei fanghi, e può produrre biometano per rifornire i mezzi pubblici. Io capisco che sia più facile spaventare la gente e che sia più difficile trovare soluzioni seguendo le strade scientifiche, però è questo che si chiede a chi ha responsabilità di governare”.
Insomma la logica del Nimby, Not in my backyard, non nel mio cortile, è ancora il manifesto dell’ambientalismo di oggi? E’ ancora valido nella sua semplicità o a problemi complessi si devono trovare soluzioni articolate, difficili ma efficaci? Ca’ del Bue chiama Agsm, politica e Comuni a questa sfida perché non è possibile che questo impianto sia ancora quello che nel 2000, quando era presidente Stefano Bianchi, se accendeva i forni perdeva 26 milioni di lire al mese, al punto che si decise di lasciarlo spento per non aprire una voragine nei conti pubblici. mb