Come vivere e affrontare il distacco – di Sara Rosa Ognuno di noi ha percorsi diversi per sopravvivere al dolore della perdita dei propri cari

In occasione della Commemorazione dei Defunti, i Camposanti nei giorni scorsi sono stati più visitati del consueto e molte menti si sono metaforicamente abbracciate in un’inesprimibile commozione. Alcune persone sono solite frequentare questi luoghi, altre tendono invece a recarvisi solo in queste occasioni, vivendole come una sorta di rito.
C’è da premettere che recarsi o meno al Cimitero, non è di per sé un segnale esaustivo di vicinanza col defunto, né di riuscita dell’elaborazione del lutto. Ognuno di noi ha infatti, al di la delle fasi e dei tempi citati in letteratura, un personalissimo rapporto con la morte che non deve ricevere una connotazione positiva o negativa ma che merita sempre accoglienza e sostegno. Alcune persone, dopo una perdita, sentono la necessità di recarsi al Cimitero in continuazione e arrivano a manifestare segnali di disagio se sono impossibilitate a farlo. Altre faticano a varcare il cancello d’ingresso, pur magari desiderandolo, perché il pensiero del proprio caro risulta eccessivamente angosciante. Altre ancora non avvertono il bisogno di andarci, perché sentono di aver collocato mentalmente la persona defunta in altri luoghi che identificano come maggiormente legati al proprio caro. Ognuno, di fatto, sopravvive al proprio dolore con le sue forze e cerca nelle vie, che maggiormente conosce, il percorso per affrontarlo. Recarsi in Cimitero, in assenza di specifiche resistenze che implicherebbero eccessivi sforzi emotivi, può avere dei risvolti terapeutici, in quanto ci raffigura in un rituale socialmente condiviso, che può contribuire a dare ordine e contenimento al dolore della perdita.
La visita al defunto, implica infatti una sequela di attività più o meno determinate che vanno dal percorrere il tragitto per arrivarvi, al recarsi sulla tomba per pulirla e riordinarla, al recitare una preghiera, lasciare dei fiori… Azioni che nel loro insieme permettono di concretizzare, tramite degli agiti fisici, il proprio sentire, nonché la proprio sofferenza, esternandola e canalizzandola in un comportamento in modo che sia meno soverchiante. Inoltre, compiere questi gesti in un contesto in cui tante altre persone, e da moltissimi anni, a loro volta si adoperano all’incirca allo stesso modo, ci fa sentire meno soli.
Il percepirsi quindi parte di qualcosa e il comprendere che il nostro dolore è anche il dolore dell’altro, può essere utile per calibrare il nostro vissuto. Anche per i bambini può essere importante all’andare in visita al Cimitero, purchè accompagnati da figure di riferimento che possano essergli affianco con sufficiente serenità ed eventualmente rispondere alle loro domande. Questa visita infatti può avere un alto valore educativo. Può permettere loro di avere delle informazioni sulle generazioni precedenti, vedendo foto e scoprendo i nomi di persone che non hanno mai conosciuto, nonché di tenere vivo il ricordo di chi hanno frequentato e ora non c’è più, ma soprattutto di percepire il significato di legame nel tempo e di comprendere che la morte è parte della vita.

*psicologa e psicoterapeuta