Dal Real alla maglia gialloblù. La solitudine dei numeri uno. Bizzarri, una storia di serietà

Un giorno, seduti al tavolino del caffè, Albano Bizzarri ruppe il silenzio con una frase bellissima: “La vita è fatta di tante solitudini, quella del portiere, di più…”.
C’era tutto Bizzarri, in quella foto. Aveva giocato nel Real Madrid, “…anche se forse ero troppo giovane”, ammise. Ma quella maglia l’aveva indossata e non capita a tutti. La strada del calcio l’aveva portato a Verona, al Chievo, dopo essere stato alla Lazio e al Genoa, in realtà senza troppa fortuna. Neanche al Chievo, all’inizio, aveva trovato spazio.
Poi, l’avvento di Maran, l’occasione giusta, non era più uscito. Sicuro, affidabile, sereno. Ecco, dava tranquillità, leggevi serenità, nel portiere e nell’uomo. Divenne presto titolare e, soprattutto, uomo-spogliatoio. Non uno di quelli che parlava tanto, ma quando serviva. Le parole giuste, all’ora giusta, “…perchè è bello mettere la tua esperienza al servizio degli altri”.
Al Chievo sarebbe rimasto a lungo, ma il ritorno di Sorrentino lo consigliò di cambiare aria. E anche all’Udinese prima e al Foggia poi, continuò a essere Bizzarri. Grande portiere e persona per bene. “Grazie, se me lo dici” rispose un giorno. “Perchè i portieri passano, le persone per bene restano…”