Dentro l’incubo cinese Christian Ballarin abita a Dalian. Qui i casi accertati di Coronavirus sono 35. «Si vive nella paura. La città è deserta»

di Alessandro Gonzato A Dalian, città di 6 milioni di abitanti nel Nord-Est della Cina, i casi accertati di Coronavirus sono 35. Il numero, rapportato alla popolazione, è contenuto, certo, soprattutto se si pensa a quanto sta accadendo in altre zone del Paese
L’allerta è massima. Le autorità sanitarie ritengono che in realtà le persone contagiate siano molte di più e per stilare un bilancio più attendibile attendono il 7 febbraio, quando il periodo di incubazione della virus – secondo gli esperti – sarà terminato, anche se non vi sono certezze. Dalian fa parte del Liaoning, sterminata provincia di 43 milioni di persone, e il suo porto petrolifero, libero dal ghiaccio tutto l’anno, è il terzo più importante del Paese. Qui, dal 2011, vive il veronese Christian Ballarin, 42 anni, titolare di una società che si occupa di petrolifero e derivati, settore che sta subendo un pesante contraccolpo a causa dell’epidemia. I mercati delle materie prime sono tra i più colpiti dalle vendite. ECONOMIA A RISCHIO Il flebile ottimismo aperto dalla tregua commerciale con gli Stati Uniti si è già chiuso e gli investitori ormai sono concentrati sulle possibili conseguenze di una frenata del Dragone. La paura del coronovirus pesa sullo yuan che è scivolato per la prima volta da dicembre sopra quota 7 sul dollaro. «La situazione è inquietante» ci dice Christian. «La città è deserta, le attività tirano avanti a mezzo servizio. Treni e autobus funzionano, per fortuna, ma devono essere igienizzati di continuo. Si vive nel terrore». La tensione ha raggiunto livelli tali che per strada le persone camminano tenendosi il più lontano possibile le une dalle altre. È raro trovare qualcuno che giri senza mascherina protettiva sul volto. L’atmosfera è spettrale. I grattacieli sembrano guardiani di un regno senza abitanti. La temperatura è di qualche grado sotto lo zero, l’aria è molto umida, il silenzio è straniante. Christian guarda con apprensione i notiziari di Pechino. «Hanno appena aggiornato il numero delle vittime: in tutta la Cina sono salite a 213, i contagi sono 9.700, di cui circa 2 mila considerati gravi, le cifre crescono di ora in ora. Qui siamo lontani 1.500 chilometri da Huwan, la città da dove è partita l’epidemia, però la malattia si è diffusa per tutto il Paese molto velocemente dato che moltissime persone chi si trovavano nel focolaio sono scappate». ABITANTI TERRORIZZATI In una dozzina di giorni la Cina è piombata in un incubo peggiore di quello vissuto ai tempi dalla Sars, le cifre, purtroppo, parlano chiaro. A Wuhan, per evitare che i cittadini abbandonino in massa la città, la polizia da qualche giorno ha piazzato delle enormi pietre lungo le strade principali. Wuhan, capoluogo della provincia dello Hubei, si trova tra il Fiume Azzurro e il Fiume Han. Ha 11 milioni di abitanti ed è la città più popolosa della Cina centrale. La psicosi si sta diffondendo in tutto il mondo. In Cina il colosso Starbucks, come aveva già fatto McDonald’s nei giorni scorsi, ha annunciato la chiusura temporanea di metà punti vendita, più di 2 mila. Toyota ha interrotto la produzione fino al 9 febbraio. La Russia ha deciso di sospendere temporaneamente il rilascio dei visti elettronici ai cittadini cinesi. In India è stato registrato il primo caso di positività al virus: si tratta di uno studente del Kerala rientrato nei giorni scorsi da Wuhan. Chissà fino a quando si protrarrà quest’incubo. Dalian, in Italia, è conosciuta solo dai calciofili, ma neanche da tutti: la squadra della città è allenata a Rafa Benitez e vi gioca Marek Hamsik. Eppure anche a Dalian, distante anni luce da Wuhan, almeno per i nostri canoni geografici, si vivono giorni di angoscia. Il telefono di Christian squilla in continuazione: parenti e amici sono preoccupati. Christian sta bene, vive con la sua compagna e lavora sodo nel silenzio assordante di una città stravolta dal maledetto virus. A.G.