Dicevate? Il presidente dell’Hellas, a lungo contestato dalla tifoseria, sta regalando alla città il sogno europeo. Poca programmazione e molta casualità? Però i risultati gli stanno dando ragione

François de La Rochefoucauld sosteneva che il caso e gli umori governano il mondo. Maurizio Setti ha entrambi dalla sua parte, e questo è un merito. Alzi la mano, presidente compreso, chi a inizio stagione avrebbe scommesso un solo centesimo sui vari Kumbulla, Günter, Amrabat e Rrahmani, giocatori acquistati (o lanciati in A) più per limiti imposti dal bilancio societario che per altro. Sembrava, leggendo i cognomi, che il Verona avesse comprato capi indiani, agenti segreti e diplomatici mediorientali, e lo stesso direttore sportivo Tony D’Amico – parliamoci chiaro – è stato guidato più dalla costrizione che dall’ingegno. Del merito c’è, ovviamente, ma bisogna essere obiettivi. Eppure tutto ha girato per il verso giusto, gli ingranaggi hanno cominciato a girare a meraviglia e l’Hellas, oggi – in un campionato dove tutto pare possibile – ha il dovere di non mettere limiti alla provvidenza. Il mister, Ivan Jurić, se la ride e dice che la squadra prima di sognare deve pensare alla salvezza.

Dal “Guido Biondi” all’Old Trafford

Voleva importare il modello Borussia Dortmund: l’aveva sparata grossa, ma i risultati sono lusinghieri

In realtà dal pareggio contro il Milan a San Siro ha messo definitivamente nel mirino l’Europa League. Nemmeno lui ad agosto si sarebbe mai aspettato la crescita così rapida di certi giocatori, spesso in conferenza stampa ha sottolineato che la rosa andava migliorata, e però non si è mai abbandonato alla lamentela, e anzi ha plasmato un gruppo diventato la rivelazione del torneo.

«METTI A CASSANO!» Era stato il caso, più che la programmazione (almeno ce lo auguriamo), a portare Antonio Cassano in ritiro in Alto Adige un anno e mezzo fa. L’umore della piazza, vedendo che razza di squadra stava allestendo il presidente, era nero: il caso quella volta gli è stato avverso e i gialloblù sono retrocessi senza battere un colpo. È stato ancora il caso (leggi budget ridotto al lumicino) sul finale della scorsa stagione a portare qui Alfredo Aglietti al posto di Fabio Grosso, eppure l’allenatore toscano – mai prima d’allora a quei livelli in panchina – è riuscito a riportare il Verona in A. Ora l’Hellas naviga col vento in poppa, l’umore del pubblico sta galvanizzando la squadra, e se i tifosi già sognano le trasferte europee il merito è di Setti. Già: quello che sembra guidato dal caso e dall’umore. Lo hanno contestato, fischiato, insultato, sbertucciato con adesivi denigratori appiccicati a ogni semaforo e cartello della città e della provincia. Eppure lui, col suo sigaro in bocca, la coppola in testa, la smorfia alla Al Pacino negli “Intoccabili” e il suo modo spesso maldestro di comunicare con la stampa sta avendo ragione ancora una volta. Cinque stagioni in A intervallate da due in B dalla quale però l’Hellas, sotto la presidenza del boss di Carpi, si è subito risollevato. Con Setti al timone sono arrivati Toni, Rafa Marquez, Pazzini, Caceres, Iturbe, allora uno dei talenti sudamericani più promettenti. E cosa vuoi chiedere di più a un presidente di una cosiddetta “provinciale”?

DA LANCIANO A MANCHESTER? Già, ma Setti non ha programmazione, continua a ripetere una parte della tifoseria, ha già venduto i migliori, da chi ripartiamo l’anno prossimo? Innanzitutto, finisse oggi la stagione, l’anno prossimo il Verona potrebbe giocare all’Old Trafford, e poi sui campi di Siviglia, Leverkusen e Lisbona. Ci pensate? Dalla Virtus Lanciano, stagione 2012-2013, al Manchester United. E poi chi ve lo dice che Setti l’anno prossimo non porti a Verona altri Kumbulla, Günter, Amrabat e Rrahmani?

di Alessandro Gonzato