E la nudità diventa denuncia sociale L’opera di Claire Fontaine, a Casa Maffei, indaga il bello e lo mette in discussione

“Beauty is a ready-made” è una recente installazione site specific di Palazzo Maffei che apre a Verona un nuovo punto di vista sull’universo femminile, tristemente e ripetutamente violato anche in questi ultimi mesi. L’opera, creata dal collettivo Claire Fontaine e voluta dalla curatrice Gabriella Belli (ideatrice dell’intero progetto della Casa Museo), è collocata nel cortile dell’edificio, prima dell’ingresso al percorso espositivo.
L’allestimento, formato da scritte luminose e posto in diretta relazione con un “corpo di donna che, incurante degli sguardi altrui, scopre la sua nudità” (la scultura neoclassica di Alessandro Puttinati “La Bagnante”, simbolo di bellezza classica e da tempo presente nella collezione) diventa un’occasione di forte denuncia sociale.
Ma chi è Claire Fontaine? Fondato a Parigi da Fulvia Carnevale e James Thornhill, il duo si definisce “artista ready-made”, neo concettuale e femminista.
Deve il suo nome a una celebre marca di cancelleria francese e si pone l’obiettivo di interrogare le coscienze sulle ambiguità contemporanee, sulla strumentalizzazione della femminilità e, più in generale, sulla profonda crisi delle nostre comunità. Il “ready-made” (riutilizzo artistico di oggetti già presenti e pronti all’uso, privati della loro originaria funzione) offre anche spunto per “Art Lab”, progetto educativo di Casa Maffei rivolto alle giovani generazioni e pensato per esplorare le connessioni arte/persona reinventando, con creatività, oggetti quotidiani. L’intento di Claire Fontaine (attraverso il parallelismo immagini/parole usato in fotografie, installazioni, video, pitture, sculture e luci) consiste nell’indagare il bello per metterlo in discussione, allontanare la rigidità dei pensieri, sfuggire al potere precostituito e trovare uno spazio di resistenza condiviso. “Spesso la storia di cui abbiamo bisogno è quella meno raccontata” e la nuova proposta di Casa Maffei proprio questo si propone: narrare esperienze visive inconsuete e volgere gli sguardi ai molteplici significati di bellezza che il nostro occhio tenta di cogliere.
Una bellezza oggettiva e soggettiva insieme, estetica ed etica che, “come accade con ciò che diventa un ready-made, può essere rivista e ricontestualizzata”. Il concetto di bello “varia attraverso le epoche e i luoghi, e la collezione di Palazzo Maffei offre un esempio di questa variegata complessità”, sostiene Claire Fontaine.
I lavori del collettivo hanno pure ispirato la Biennale di Venezia 2024 che trae dalla serie di opere “Stranieri Ovunque” il titolo dell’ottantesima “Esposizione Internazionale d’Arte”, curata da Adriano Pedrosa, aperta al pubblico dal 20 aprile e di prossimo approfondimento in queste pagine. Le colorare sculture al neon, esposte nei Giardini e nei cantieri navali dell’Arsenale veneziano, riportano la scritta “Stranieri Ovunque” in oltre cinquanta lingue (tra cui alcuni idiomi indigeni estinti). Anche nella proposta veneziana del collettivo le parole si trasformano in arte e diventano occasione tangibile per far luce sui diversi contesti che ci accolgono. Analizzando specificità identitarie e diffuse disparità sociali scopriamo che tutte e tutti noi, in qualche modo e in qualche luogo, siamo straniere e stranieri. Gli appariscenti led tridimensionali di Claire Fontaine, proposti a Verona e a Venezia, ci invitano a guardare oltre la superficie, a cambiare prospettiva e a smontare i tanti luoghi comuni che popolano l’universo visivo collettivo.

Chiara Antonioli