Farmacie Agec vendere non è peccato La proposta dall’assessore Pd Benini è stata bocciata da sindaco e sindacati. Ma per Nicola Fiorini dell’Istituto Adam Smith la sfida politica va raccolta. “Finalmente un progetto su cui discutere. La vendita aiuterebbe il recupero di abitazioni sociali”.

sare che il Comune si liberi delle farmacie dell’Agec per smettere la veste dell’imprenditore e recuperare risorse per scopi più sociali e far fronte all’emergenza casa? La proposta dell’assessore del Pd Benini, non raccolta peraltro dal sindaco Tommasi, continua a far discutere. E trova interesse da parte dell’Istituto culturale Adam Smith di principi e concetti assolutamente liberali. Il suo presidente, Nicola Fiorini, ritiene che il dibattito non possa essere accantonato anche solo per capire quali siano le priorità dell’Amministrazione comunale.
Fiorini, da dove partiamo?
“L’assessore Benini con la sua proposta auspica una stima del valore delle farmacie stesse per capire se, una volta rimborsato il debito che l’AGEC ha contratto con le banche per acquistarle, emerga una somma residua significativa da impiegare per l’appunto nell’attività strategica dell’Agec, l’edilizia popolare. Apriti cielo. I primi a sparare a zero contro l’ipotesi dell’assessore sono i sindacati. Seguono i partiti di opposizione (per tutti, Alberto Bozza: “le farmacie Agec sono un pilastro del welfare”). Nessuna voce a favore si leva dalla maggioranza. Infine, il sindaco prende nettamente le distanze, distanze recentemente ribadite in un incontro tra Comune e vertici dell’Agec. Per inciso, non una parola da parte del consigliere comunale Massimo Mariotti che aveva proposto di cedere le maggiori partecipazioni del Comune, cioè beni ben più rilevanti delle farmacie.
Questa vicenda si presta a due riflessioni: la prima di natura squisitamente politica, la seconda relativa al merito della “proposta” Benini”.
La riflessione politica?
“In un contesto di progressivo e inarrestabile degrado del dibattito politico, abbiamo un uomo politico che, in un convegno di partito, si prende la briga di fare un ragionamento, certo opinabile, ma serio e coerente. Viene individuata una questione irrisolta, quella dell’accesso alla casa, di assoluto rilievo sociale. E invece di limitarsi alle solite litanie (chiediamo soldi al Governo, facciamo altri debiti), quest’uomo politico “si sporca le mani” ipotizzando una soluzione razionale per contribuire concretamente ad affrontare la questione.. Conseguentemente, chiede che vengano acquisite le informazioni necessarie a valutare eventuali decisioni di vendita, cioè chiede di sapere, tra l’altro, se e a che valore l’Agec possa vendere le sue farmacie. Conoscere per deliberare, il motto di Luigi Einaudi. In un mondo normale, le considerazioni di Benini sarebbero state considerate di “ordinaria amministrazione” e i competenti uffici comunali avrebbero messo a disposizione il più recente aggiornamento del presumibile valore di realizzo delle farmacie, magari in diversi scenari”. Invece?
“Invece Benini è stato additato al pubblico ludibrio. Con il risultato che il suddetto (e chiunque altro) si guarderà bene d’ora in poi dal fare proposte di un qualche spessore e il top del dibattito pubblico rimarrà se è giusto o meno “brusar la vecia” in Piazza Bra. Ci lamentiamo del fatto che i partiti politici siano ridotti a uffici di collocamento per personale politico avventizio e raccogliticcio e, per una volta che un partito prova a “fare politica” in modo decoroso, questo è il risultato”.

“Vendere le farmacie è aiuto al sociale”

Detto da lei che notoriamente non ha posizioni vicine al Pd…
“Io come noto non ho nulla a che spartire con il Pd ma parlo come persona che si preoccupa del degrado della politica”.
Nel merito della proposta di Benini?
“Premetto che il mondo delle partecipazioni comunali e delle aziende speciali è caratterizzato dal conservatorismo più assoluto: da Agsm-Aim, Fiera, Aeroporto Catullo, Autobrennero, Acque Veronesi nulla si tocca. Una volta che una società viene costituita, una partecipazione acquisita, la situazione si perpetua “nei secoli dei secoli”. Può essere venuto meno il motivo che aveva spinto ad intervenire in un certo settore, non importa: lo status quo non viene messo in discussione da nessuno, perché fa comodo a tutti. Infatti, questo è probabilmente l’unico ambito della politica in cui si realizza una sostanziale unanimità: una destra e una sinistra che litigano furiosamente su tutto, qui vanno d’amore e d’accordo. La vicenda delle farmacie è solo l’ultimo esempio”
Veniamo al punto: il Comune deve vendere le farmacie?
“Io mi chiedo: nell’anno di grazia 2024, ha ancora senso che un ente pubblico gestisca delle farmacie? La gestione pubblica non si differenzia in alcun modo dalla gestione privata. La qualificazione del personale è la stessa, i prodotti che vi si vendono gli stessi. Siamo ancora allo Stato che fa i panettoni. L’unica giustificazione potrebbe essere quella di servire aree dove il privato non ha interesse ad andare perché antieconomiche. Ma parliamo di 13 farmacie, sono tutte in aree
critiche? E comunque nessuno ha sollevato questo tema. Anzi, tutti partono dal presupposto che le farmacie siano il “pilastro del welfare”, la gallina dalle uova d’oro, i “gioielli di famiglia” che con i loro profitti finanziano le altre attività dell’Agec, mense ed edilizia sociale. Ma, se sono così redditizie, un interesse del privato è più che probabile. E magari questo è il momento giusto per vendere. Se l’ente pubblico vuol fare l’imprenditore, perché gestire una farmacia è un’attività imprenditoriale, lo deve fare fino in fondo. E fare l’imprenditore vuol dire anche capire quando è opportuno smettere di operare in un certo settore. E’ solo così che si tutela il patrimonio dei cittadini”.
Secondo voi quindi vendere le farmacie Agec sarebbe una operazione che va incontro a esigenze sociali?
“Ma, si dirà, voi dell’Adam Smith siete dei privatizzatori ad oltranza e non capite le esigenze del sociale. In realtà, proprio chi più sensibile al sociale dovrebbe prendere in considerazione la vendita delle farmacie. Non è forse socialmente più importante investire nella casa che gestire delle normalissime farmacie? Non è forse più importante che l’Agec si concentri sul suo core business disponendo di maggiori risorse? Che sinergia c’è tra la missione dell’Agec e la gestione delle farmacie? Nessuna”.
Ma se il Comune preparasse un imponente Piano casa con finalità sociali non troverebbe finanziamenti adeguati senza dover vendere le farmacie Agec?
“Con ogni probabilità, le risorse necessarie per un intervento degno di nota sull’emergenza casa non possono venire solo dalla vendita delle farmacie. Bisognerà anche fare cassa con la vendita del patrimonio immobiliare dell’Agec che non ha una funzione sociale e che può essere appetibile sul mercato. Non c’è alcuna contraddizione tra le due ipotesi. Così come non c’è contraddizione rispetto all’ipotetico (e non so quanto realistico) coinvolgimento della Fondazione Cariverona. Il vero tema politico è, dunque, se il Comune (ma anche le opposizioni) sia interessato ad elaborare un approccio al problema abitativo che non sia la stanca reiterazione del passato. E non c’è dubbio che un approccio serio deve dire prima di tutto dove si prendono i soldi. Tutto il resto è fuffa politica a tutela dello status quo”.

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