Fasci di luce per bruciare l’anno passato Il falò della Befana si è rinnovato simbolicamente in una chiave più sostenibile

Il 2024 è iniziato all’insegna della sostenibilità nella nostra città con una rivisitazione, in chiave tecnologica, del tradizionale falò di Epifania messo in scena nella centrale piazza Bra, davanti a palazzo Barbieri. Il rito del fuoco che brucia simbolicamente le negatività del vecchio anno, dopo un periodo di sospensione dovuto all’emergenza pandemica e a complesse questioni ambientali, si è rinnovato nelle serate del 6 e 7 gennaio in versione virtuale, tramite una videoinstallazione di fasci luminosi proiettati su una grande parete d’acqua. La decisione di sospendere il fuoco reale di “Brusa la vecia”, a vantaggio di una modalità meno inquinante, risponde alla necessità di evitare l’innalzamento delle polveri sottili nell’atmosfera e migliorare, in tal modo, la qualità dell’aria. Il progetto, voluto dal Comune di Verona, si è realizzato grazie alla collaborazione di “Agsm Aim” e sotto la direzione artistica di Gianni Ravelli, architetto e docente al Politecnico di Milano. L’installazione è stata, invece, creata da “Milano Laser Entertainment” (azienda specializzata in illuminazioni scenografiche, creazioni urbane e strutture museali), nota per aver partecipato a importanti manifestazioni nel mondo delle esposizioni d’arte, tra le quali figura anche l’allestimento della mostra “History Now” di Marc Quinn alla Biennale di Venezia. “Abbiamo lavorato per una soluzione sostenibile”, ha dichiarato l’assessore Jacopo Buffolo, “scegliendo un’alternativa al falò in grado di proporre una ritualità condivisa”.
Il messaggio simbolico dell’iniziativa è rappresentato dalle parole negative visibili sullo schermo (egoismo, diseguaglianza, povertà, morte, razzismo, violenza, intolleranza) metaforicamente cancellate dall’immagine del “fuoco purificatore” che lascia spazio a una nuova prospettiva, fatta di rispetto, tolleranza, pace e altruismo. I falò dell’Epifania assumono, nelle varie parti d’Italia, nomi diversi (brusa la vecia, panevìn, pgnarûl, capàn, fogherada) ma, ovunque, svelano significati antichi e comuni a molte culture. Il fuoco, tra i quattro elementi naturali, nonostante la sua evanescenza, ha la capacità di imprimere sulla materia un segno indelebile e, in quanto emblema di forza vitale, riporta a una tradizione popolare che invita al raccoglimento, dona speranza, purifica, illumina le ombre e, nelle feste e nei riti, si prefigge di sconfiggere “l’oscurità del male”. L’esperimento veronese certamente non sostituisce la sensazione donata dal calore di una fiamma naturale ma propone, comunque, uno strumento espressivo largamente impiegato in vari campi, utile a trasmettere emozioni e riflessioni. Già dalla prima metà del Ventesimo secolo il mondo dell’arte utilizza la luce artificiale per frammentare i fasci luminosi e ottenere proiezioni cangianti o rappresentare “ambienti spaziali” ricchi di segni luminosi. La “light art” enfatizza la visione, dona una percezione tridimensionale, definisce la qualità delle superfici e modella le forme. Grazie alla sua “immaterialità tangibile” il falò virtuale veronese crea coreografie, fa incontrare le persone e parla al pubblico, rendendo visibili le buone intenzioni collettive. La luce, anche se artificiale, in tal modo si propone come un mezzo comunicativo efficace e contemporaneo che prova a percorrere strade alternative.

Chiara Antonioli