Hellas, arriva il botto finale C’è un cannoniere per Juric: “Piacere, sono Niko Kalinic” SERIE A. Dal mercato, grandi novità per il Verona

L’aria un po’ stralunata di chi sembra trovarsi lì per caso. E invece l’area di rigore è il suo terreno di caccia. A trentadue anni, la storia di Nikola Kalinic è quella di un giramondo: dalla costa dalmata a Salona, dove è nato, all’Hajduk Spalato, quindi dall’Inghilterra alle steppe ucraine bagnate dal fiume Dnipro. E poi l’Italia: le luci di Firenze e i fari spenti di Milano e Roma via Madrid. A Verona, firma su due anni di contratto, Kalinic arriva per riattaccare la spina.
La sua storia parte dall’Hajduk Spalato dove cresce da ragazzino; debutta in prima squadra a 18 anni, nel 2009 i suoi 15 gol, contribuiscono al secondo posto dell’Hajduk alle spalle della Dinamo Zagabria. Nikola chiude la classifica cannonieri al secondo posto a una solo lunghezza da Mario Mandzukic.
Numeri che gli fanno fare il grande salto, lo sbarco in Premier League con la maglia del Blackburn Rovers. Gli inglesi investono 7,5 milioni di euro, ma le cose non vanno però per il verso giusto: il maggior problema è l’adattamento; Kalinic va a corrente alternata, 13 gol in due anni (53 partite) non gli bastano per il rinnovo. È agosto del 2011 quando a parametro zero lo pesca allora il Dnipro. E in Ucraina Kalinic trova terreno per crescere.
La stagione 2014-2015 è quella della sua consacrazione: gli ucraini fanno fuori il Napoli e volano in finale di Europa League: a Varsava contro il Siviglia la sblocca lui, ma gli andalusi sono una brutta bestia e firmano la rimonta: il Dnipro perde 3-2 e vede sfumare il sogno. Tra campionato, coppa d’Ucraina e Europa League Kalinic timbra però la bellezza di 19 reti, e il suo nome circola sui taccuini dei direttori sportivi di mezza Europa. A Firenze i Della Valle devono rimpiazzare il Panzer Mario Gomez, parcheggiato in Turchia: per Kalinic sborsano 5,5 milioni di euro.
L’accoglienza è freddina, ma gli basta poco più di un mese per scaldare i cuori dei tifosi. La sera del 27 settembre una sua tripletta stende l’Inter a San Siro e una notte così sulle rive dell’Arno la sognavano dai tempi di Vinicio Viani e Gabriel Batistuta. Scoppia l’amore. Il primo anno i centri son tredici, il secondo venti. Ventidue e mezzo son invece i milioni di euro che il Milan a fine agosto del 2017 versa alla Fiorentina per portarlo a Milanello e qui la luce si spegne: «È stata una stagione dura, serviva tempo ma al Milan vogliono risultati rapidi» racconterà un anno dopo nel giorno del suo arrivo all’Atletico Madrid per 14,5 milioni. Nel mezzo, un mondiale memorabile per la Croazia, ma non certo per lui (vanta 15 gol in 42 presenze in Nazionale), rispedito a casa dal ct Dalic per insubordinazione; rifiuterà persino la medaglia d’ argento «Grazie lo stesso, ma io in Russia non ho giocato».
A Madrid nemmeno la scossa del Cholo Simeone lo accende. Un’anonima parentesi di un anno in prestito alla Roma e il ritorno quest’estate in Spagna. Ora il Verona, l’ultimo treno. A guidarlo lo spalatino Juric, marchiato Hajduk proprio come Kalinic, che lo ha fortemente voluto. Setti e D’Amico lo hanno accontentato bruciando sul filo di lana il Torino. Qualità fisiche e tecniche ne fanno un’attaccante che si fionda negli spazi e vede la porta. Quello di cui c’è bisogno. Ora tocca solo a lui.
Elle Effe