“Ho sofferto, pianto, perso Sono ebreo, è una colpa?” Splendida performance nel "Mercante di Venezia": applausi

Il buio regna sovrano. Un canto si leva. Pare volersi ribellare ad un’ingiustizia. Giunge dapprima come un debole lamento, per poi farsi estremamente sentito e, allo stesso tempo, straziante. È Beatrice Zuin che interpreta il dramma della Shoah. Lo spaesamento, che quel canto evoca, interpreta alla perfezione il triste sbigottimento che una delle ingiustizie più grandi della storia suscita emotivamente. Contribuisce all’intensità del momento l’“intimità” del teatro, e la vicinanza del palcoscenico agli spettatori. Questo l’incipit suggestivo dello spettacolo. È una commistione di intenso pathos e curiosa attesa lo stato d’animo che accompagna, poi, lo spettatore nel corso dello spettacolo teatrale che Casa Shakespeare ha magistralmente portato in scena, al Teatro Satiro Off, in quartiere Filippini. Si tratta del noto “Mercante di Venezia” di William Shakespeare, interpretato pregevolmente in lingua originale da tutti gli attori, e diretto da Solimano Pontarollo, su testo adattati da Andrea de Manincor, interpreti grandiosi, essi stessi, dei personaggi di Shylock e di Antonio. Meritano, inoltre, una particolare menzione l’interpretazione di Andrea Manganotto che porta in scena un Bassanio “completo nella sua maturazione e nel suo distacco dalla vita precedente” e di Giulia Tomelleri, nel ruolo di Porzia. Questo personaggio non solo riveste il fondamentale ruolo di condurre gli spettatori nel corso dell’intera vicenda, fungendo da narratrice, questa volta in italiano, ma, calandosi poi nei panni del finto avvocato Baldassare dimostra la caparbietà e l’intelligenza di un Deus ex machina. L’unico in grado di risolvere l’intricata questione che anima la commedia. Casa Shakespeare, la cui Stagione Teatrale prevede per i prossimi mesi una ricca programmazione, ha regalato una vicenda intensa e colma di allegorici significati, conclusa tra meritati applausi. Commovente la ripresa del canto iniziale che si ripete accorato e carico di ulteriore intensità, alla fine, quasi a sostenere lo sfogo, che ha il sapore di un amaro presagio, dell’ebreo Shylock: “Mi ha maltrattato, gioito delle mie perdite, disprezzato i miei guadagni, raffreddato i miei amici, riscaldato i miei nemici, insozzato il mio abito, disprezzato il mio popolo e per quale motivo? Perchè sono ebreo! Forse che un ebreo non mangia come gli altri esseri umani? Se lo pungete non prova dolore? Non si ammala delle stesse malattie dei gentili? E non si cura con le stesse medicine?” Stefania Tessari