I rischi dell’autodiagnosi e i trend social (Sara Rosa) Sono sempre più diffusi video su TikTok in cui ragazzini spiegano disturbi psichici

aE’recente l’aumento di Reel e Tiktok legati all’hashtag di una particolare patologia l’ADHD, l’Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder, ovvero la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Si tratta di un disturbo neuroevolutivo caratterizzato da una durata scarsa o breve dell’attenzione e/o da vivacità e impulsività eccessive, che interferiscono con le funzionalità o il suo sviluppo. Benché il numero di bambini affetti sia oggetto di rilevanti controversie, si stima che l’ADHD interessi il 5-15% degli infanti, con un’incidenza doppia nei soggetti maschi. Se si osservano i dati forniti dalle piattaforme social l’hashtag ADHD conta 21,4 miliardi di visualizzazioni su TikTok, il secondo hashtag più utilizzato è #adhdawareness con 1,2 miliardi di visualizzazioni e il terzo #adhdsymptoms ha 178,6 milioni di visualizzazioni. Alcuni format molto diffusi come “Cosa significa vivere con l’ADHD”, mostrano video esplicativi sottolineando le difficoltà tipiche di chi convive con tale sindrome. Sono sempre più i giovani e giovanissimi che navigando e osservando tali immagini affermano di riscontrare in sé gli stessi sintomi, in particolare iperattività, stati d’ansia e scarsa capacità di attenzione, fino ad arrivare a riconoscersi nella malattia. I ragazzi non avendo gli opportuni strumenti rischiano di confondere i sintomi e interpretarli scorrettamente. Alcune sintomatologie poi possono avere natura diversa, per esempio sfociare a seguito di un momento di vita stressante come un evento luttuoso, o palesare un inizio di uno stato depressivo, o ancora mostrare uno stato ansioso dell’individuo e nulla centrare con L’ADHD. Anche i tempi di sviluppo delle patologie spesso non sono conosciuti dai ragazzi e il rischio è ancora una volta quello di leggere scorrettamente il problema, perché si tratti di ADHD infatti alcuni sintomi devono manifestarsi precocemente, tra i 3 e i 12 anni e durare per più di 6 mesi consecutivamente. Un altro rischio è quello di immedesimarsi ed empatizzare con quello che si vede su internet fino al punto di avvertire le stesse difficoltà. La diagnosi di ADHD inoltre può essere difficile da stilare in età giovane/adulta, perché alcuni sintomi possono riguardare i disturbi dell’umore e i disturbi ansiosi, se vi è poi una contemporanea assunzione di sostanze psicoattive il quadro può risultare ancora più complesso. Se è inevitabile che i ragazzi abbiano accesso alla rete e vogliano documentarsi, resta fondamentale il confronto con il clinico. Il ragazzo/paziente non può affrontare un percorso da solo. Pertanto, una valutazione e un eventuale diagnosi devono sempre essere effettuate da una figura specializzata. Affidarsi ad autovalutazioni che portano a pseudodiagnosi avvenute con il supporto di internet può essere pericoloso.

*Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta