Il calcio, Marotta, Veloso e Orwell Parliamone

Giusto per essere chiari, non che il calcio sia la cosa più imporante. anzi. Si può vivere (bene) anche senza. Detto questo, e considerato che (almeno da noi) se non è la cosa più importante rischia di essere la seconda, beh, diciamolo, potrebbero guidarlo un po’ meglio, i “padroni del vapore”.
Mai visto, come in questi giorni, tanto “dilettantismo allo sbaraglio”, con le dovute scuse ai dilettanti. Alla fine, si gioca a porte chiuse.
Tutti quanti e tutti insieme. O quasi. Domanda: ma ci voleva uno scienziato a capirlo? Ci volevano polemiche, proteste, diktat, divieti, spostamenti, correzioni? Ci volevano ancora sospetti su presunti favori alla Juve per via di Juve-Inter, che prima si gioca a porte chiuse, poi si sposta al 13 maggio, quindi a lunedì prossimo, prima a porte aperte e ora, definitivamente, a porte chiuse. Siamo andati avanti per due-tre settimane con spostamenti dell’ultima ora, squadre che vanno in trasferta e un’ora prima della partita vengono rimandate a casa (Cagliari a Verona, l’Hellas a Genova, tanto per fare due esempi). Ha ragione Miguel Veloso, regista del Verona. Uomo intelligente, com’è sempre in campo. “E il rispetto? Per noi, per le società, per i tifosi?”. Poi, finalmente, ecco il “lampo di genio”. Tutti in campo, tutti a porte chiuse. Annullati vantaggi e svantaggi, visto che giocare si deve, facciamolo tutti nelle identiche condizioni. Nessuno dev’essere più uguale degli altri. Non lo ha detto Marotta, che sta nella “fattoria del calcio”. Lo ha scritto Orwell, nella “fattoria degli animali”.

R. Tom.