Il “metodo” di Bruno Munari a Eataly In mostra un ampio spaccato di forme espressive “per vedere e capire di più”

“Ogni persona vede ciò che sa” diceva Bruno Munari nel corso delle sue lezioni alla Harvard University e oggi, a venticinque anni dalla sua scomparsa, il genio poliedrico dell’artista (universalmente famoso per essere stato anche un designer, un grafico, un docente e uno scrittore) è proposto all’interno di Eataly Art House, fino a tutto marzo 2024. Il progetto espositivo, denominato “La leggerezza dell’arte”, si apre gratuitamente al pubblico con un ampio spaccato di forme espressive ancora capaci di contaminare l’universo della creatività italiana e straniera. L’iniziativa, presentata in occasione di ArtVerona 2023, curata da Alberto Salvadori e da Luca Zaffarano con la collaborazione di Repetto Gallery, si propone di indagare le basi del “metodo Munari” per ripercorrere i punti salienti della sua eredità intellettuale improntata, sempre e comunque, sulla sperimentazione. Munari rappresenta uno dei personaggi più interessanti della cultura visuale italiana ed è difficilmente riconducibile a un preciso ambito creativo. La vastità delle sue proposte è tale da sfuggire a ogni etichetta predefinita per l’incessante desiderio di esplorare, lo spirito lieve e l’irriverente sovversione delle regole visive. Il suo metodo è un costante invito a utilizzare la “ginnastica mentale” per giungere, attraverso attività concrete, a osservare il mondo con occhi continuamente rinnovati e cogliere, in tal modo, il perenne movimento che determina la nostra esistenza.
Il percorso espositivo veronese è organizzato in più sezioni e si focalizza sulla produzione ibrida di design e arte, sulla grafica e sull’editoria. Ovunque traspare la ricerca estetica, il dinamismo, l’equilibrio delle forme, lo studio dei processi percettivi, il gioco dei colori, lo svelamento di luci e ombre capace di definire lo spazio architettonico delle installazioni. Con il suo instancabile lavoro, l’artista tramuta i processi sperimentati in esperienze concrete destinate a un pubblico eterogeneo e quanto più possibile ampio. Per esempio, con “Sculture da viaggio”, inventa strutture portatili che modificano, grazie a pieghe geometriche, il piano di una superficie modulare e con “Libri Illeggibili” riesce a narrare storie senza le parole utilizzando solo immagini, colori, ritagli, inserti e linee. Come riteneva Munari “da cosa nasce cosa” e ne sono esempi le rifrazioni create dalle semplici reti metalliche di “Concavo-Convesso” (opera utilizzata anche per promuovere la mostra) che ricordano elementi naturali, piegati, appesi e illuminati o gli spettacolari ambienti immersivi e cinematografici di “Proiezioni dirette” generati da materiali inseriti all’interno di telai per diapositive oppure, ancora, le metamorfosi astratte determinate dai movimenti casuali e fluttuanti delle “Macchine inutili” pensate per integrare percezione ed estetica e qui poste in semioscurità per diventare “dispositivi con luci puntiformi”.
Murari mira al principio del “fare per capire” utile ad aprire gli sguardi con spirito ludico e ad amplificare le capacità di lettura delle persone nei confronti delle arti visite in tutte le possibili declinazioni.
La ricerca di Munari, tuttora attualissima e che in futuro ci ripromettiamo di approfondire ulteriormente in queste pagine, anticipa di molti anni le tendenze contemporanee delle nuove tecnologie e, nel progetto veronese, propone un percorso sicuramente inedito e, in qualche modo, filosofico.

Chiara Antonioli