Il regalo della famiglia Mezzelani Il dipinto acquistato dal nonno materno, medico di bordo nel Mediterraneo a fine ‘800

Da Alessandria d’Egitto all’Etiopia, passando da Capo di Buona Speranza per tornare in Italia, prima a Viareggio, poi a Genova e infine a Verona. Tra una guerra mondiale e l’altra. Il ‘Cristo Benedicente coronato di spine’, opera attribuita a Francesco di Bosio Zaganelli, ha un’incredibile storia da raccontare. Quella della famiglia Mezzelani che l’ha acquistato a fine ‘800, portandolo con sé di viaggio in viaggio. E non appena i musei riapriranno tutti potranno vederla, perché la tavola ora ha trovato dimora a Castelvecchio.
I fratelli Paolo, Margherita ed Eleonora l’hanno donata alla città. “Verona ci accolse con la sua bellezza tanti anni fa, dopo lungo peregrinare. Ora vogliamo lasciare questo capolavoro della nostra famiglia al Museo di Castelvecchio, uno degli spazi espositivi più belli d’Italia”. L’opera su tavola databile tra il XV e il XVI era stata acquistata dal nonno materno, medico di bordo nel Mediterraneo. Ereditata dalla madre e, infine, dai tre fratelli cresciuti assieme al dipinto che, fino a qualche giorno fa, troneggiava nella sala da pranzo della casa di famiglia. E ora, impreziosisce la sala del Bellini.
Ad ammirare l’opera e ad ascoltare il racconto di Paolo ed Eleonora Mezzelani, c’erano il sindaco Federico Sboarina, l’assessore alla Cultura Francesca Briani e la direttrice dei Musei civici Francesca Rossi. All’appello mancava solo la sorella Margherita, residente in un’altra regione e quindi impossibilitata a partecipare. Il dipinto, dalle contenute dimensioni, raffigura il Cristo con la mano destra alzata nel gesto benedicente, mentre la sinistra è elegantemente appoggiata al busto. Il volto giovanile è contornato da lunghi capelli ondulati e da un’impalpabile barba. L’alta fronte è rigata da gocce di sangue provocate dalle ferite inferte dalla corona di spine che cinge il capo, ma l’espressione del Cristo, dal sereno sguardo e dalle labbra dischiuse, non lascia trasparire emozioni di dolore. Sullo sfondo costruzioni turrite e agglomerati urbani sono immersi in un paesaggio naturale che sfuma in lontananza in una cerulea tonalità.
“Un dono meraviglioso alla città – ha detto Sboarina -. Ricevere un Cristo Benedicente in questo momento complicato e incerto ha un valore simbolico inestimabile, oltre che artistico e culturale. Il nostro Museo si arricchisce di un’opera che porta con sé una storia incredibile, quella della famiglia Mezzelani. Ringrazio per questo tutti i fratelli che, separandosi da questo dipinto, l’hanno voluto regalare per sempre alla città e a tutti i visitatori che, speriamo quanto prima, torneranno numerosi. Si tratta dell’ennesima donazione che riceviamo, gesti di grande generosità perché lasciano dei veri e propri capolavori in eredità al patrimonio culturale dell’umanità”.
“Un segno di grande attenzione alla città che ha accolto la famiglia Mezzelani tanti anni fa e di riconoscimento al valore inestimabile del nostro patrimonio museale – ha detto Briani -. In questo momento i musei sono chiusi ma stiamo lavorando incessantemente per far pulsare il loro cuore e mantenerli vivi e attivi, pronti a riaprire non appena sarà possibile. La cultura non si ferma e Verona oggi si arricchisce di un capolavoro”.
“Un’opera ancora da studiare – ha concluso Rossi -, sarà infatti interessante approfondire la ricerca sull’autore e sulla tavola, che potrebbe far parte di una composizione. Affianco al dipinto racconteremo la sua storia, in modo che tutti la conoscano e ne apprezzino il valore non solo artistico, ma anche di vita vissuta nel corso dei secoli”. L’opera viene attribuita a Francesco di Bosio Zaganelli (Cotignola, 1460 – Ravenna 1532).
L’opera è stata collocata al secondo piano della Reggia scaligera, accanto ad altri capolavori della seconda metà del Quattrocento di scuola veneta come quelli di Giovanni Bellini e a dipinti di pittori attivi agli esordi del Cinquecento in area padana, come Girolamo da Cotignola e Cristoforo Canozi da Lendinara.