Iliade e Odissea, perchè (ri)leggerli Due autentici capolavori che rappresentano i punti di origine della cultura occidentale

La cultura occidentale individua i suoi due punti di origine, i momenti cardine e germinali della propria storia letteraria, nei due poemi omerici, l’Iliade e l’Odissea. Consecutivi l’uno all’altro, il primo narra le vicende relative alla guerra di Troia, dove l’esercito greco con molta fatica e assistendo all’intervento di dei in favore dell’una o dell’altra parte e a scontri formidabili tra eroi, riesce finalmente a mettere a ferro e fuoco la città nemica; il secondo, come è notissimo, racconta invece il ritorno di un eroe della guerra di Troia, l’eroe forse più affascinante, «dalle molte vie», come si legge proprio nei poemi, dalla battaglia verso la sua terra natia, Itaca.
I due poemi sono senza dubbio formidabili e, come si è avuto modo di notare su queste pagine alcune settimane fa, hanno ispirato moltissimi autori anche relativamente vicini a noi, come Kazantzakis. Ciò che però è ormai noto a tutti è che quelli che noi definiamo comunemente poemi omerici non furono scritti in effetti da Omero; anzi, siamo ragionevolmente sicuri che una persona di nome Omero autrice di poemi non sia mai realmente esistita.
L’Ottocento assiste infatti al nascere e allo svilupparsi della cosiddetta questione omerica, che prosegue anche ai giorni nostri, pur in forme differenti. L’inconsistenza della tesi secondo cui questi due poemi sarebbero stati scritti dalla stessa persona è confutata secondo criteri filologici, secondo rispondenze interne e ragioni stilistiche; ma è assai dubbio anche che ciascun poema sia stato composto – non redatto – da una sola persona.
Ciò che si tende oggi a considerare valido è l’idea secondo cui i poemi omerici costituiscono la messa per iscritto di una vasta messe di patrimoni formulari e mitici prima tramandati oralmente e più antichi dei poemi stessi, pure considerati a buon diritto arcaici, archetipici degli sviluppi poetici greci successivi. E della natura paradigmatica di questi poemi non c’è dubbio, se è vero che echi omerici possono essere individuati già nei poeti greci cosiddetti lirici, o nei grandi tragediografi, Eschilo, Sofocle e Euripide; ma anche nella poesia latina epica e non solo.
Nonostante la natura composita dei poemi omerici, è impressionante la quantità di stilemi e di modelli che essi contengono: l’ekphrasis, ossia la descrizione puntuale e vivida; un prototipo di romanzo di formazione; un repertorio di immagini che è stato adoperato da letterati e filosofi. Tutto ciò rende realmente archetipici questi componimenti, lunghi e complessi, ma che vale sempre la pena di leggere (o rileggere).

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