Khomeini e l’ integralismo radicale Le affermazioni assertive dell’ayatollah evidenziano il carattere totalizzante dell’Islam

La sfera del politico si incardina strutturalmente sulla sfera religiosa e fissa in tal modo le basi del fondamentalismo (integralismo) islamico. Il politologo orientalista Gilles Kepel, commentando il testo di Qutb, osserva che “la società jahilita conferisce la sovranità ad altri da Dio e fa di questi sovrani oggetti di adorazione: questa società è caratterizzata dalla divinizzazione del detentore del potere, sia esso uomo, casta o partito, e dall’adorazione di questi da parte del popolo.” È un principe perverso, quindi, colui che in un modo o in un altro, si fa adorare come un idolo, poiché la sovranità non appartiene, di per sé, ad altri che a Dio, “e il principe perverso che l’esercita sui propri sudditi – conclude Kepel – usurpa il potere divino”. Oriana Fallaci, nell’intervista del 1979 a Khomeini, avvenuta sei mesi dopo la rivoluzione islamica, chiese all’Imam se il popolo iraniano, che si era lasciato massacrare a decine di migliaia, fosse morto per la libertà o per l’Islam. Egli rispose: “Per l’Islam. Il popolo si è battuto per l’Islam. E l’Islam significa tutto, anche ciò che nel suo mondo significa libertà, democrazia. Sì, l’Islam contiene tutto. L’Islam ingloba tutto, l’Islam è tutto.” Le affermazioni assertive dell’ayatollah esprimono in modo evidente il suo integralismo radicale ed evidenziano il carattere universale e totalizzante della religione islamica, che tutto comprende e nulla vige in un regime di autonomia e tanto meno di indipendenza rispetto a essa. Ne consegue che la stessa nozione di religione viene compromessa nel suo specifico significato di distinzione, poiché tutto risiede in essa, e il principio della libertà, declinato all’interno dell’universo islamico, perde qualsiasi connotazione afferente all’uomo in quanto individuo. Prossimi alla fine della guerra fredda, il fondamentalismo sciita stava introducendo nella scena internazionale lo “scontro delle civiltà” (Samuel P. Huntington).

*Romeo Ferrari, docente di storia e filosofia