La bestia nera degli strozzini. Parla Damiano D’Angelo Calabrese di origine, è arrivato in riva all’Adige quando Verona era la Bangkok d’Italia. La-sciati i panni del poliziotto ha messo a frutto la sua esperienza nella lotta all’usura.

Usura: se sei nei guai, D’Angelo ti aiuta

Arrivò a dirigere la Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica negli anni Ottanta

Nato a Villa San Giovanni, la punta della Calabria che affaccia sullo stretto di Messina, classe 1945, moglie olandese, quattro figli e un’aria pacata da nonno saggio, che contrasta con un passato di super poliziotto sempre in prima linea. Damiano D’Angelo dal 2006 è il responsabile (“a titolo sociale”, come dice lui) dell’Ufficio Antiusura del Comune di Verona. Il suo compito: informare e sostenere le persone che si trovano sotto usura e decidono di uscirne. Se sei nei guai, l’ex Ispettore Capo D’Angelo ti aiuta: ti informa che lo Stato, a fronte di una denuncia, ti garantisce aiuti economici, ti spiega che se denunci non corri rischi per la tua incolumità, ti affianca nella compilazione della denuncia e ti accompagna di persona a presentarla all’Autorità inquirente.
Ci racconti prima il suo percorso in Polizia.
“Mi sono arruolato a 20 anni, per non fare la naja, poi mi è piaciuto e ci sono rimasto. Ho seguito il corso di Polizia Giudiziaria amministrativa investigativa con Mario Nardone, il famoso capo della Squadra Mobile di Milano. Nel corso eravamo 120, alla fine siamo arrivati in 60. Lì ho imparato tutto, dai movimenti di denaro in Borsa, all’esame dei cadaveri durante le autopsie”.
Il suo primo incarico?
“A Palermo, sezione Catturandi. Ci sono rimasto un anno, poi ho vinto il concorso di sottufficiale e, dopo il corso a Roma, sono stato assegnato alla Questura di Milano, Ufficio Politico, che era la Digos di oggi. Erano i primi anni Settanta”.
Periodo difficile per quel tipo di incarico…
“Mi affidarono il compito di costituire la sezione che si interessava esclusivamente della sinistra extraparlamentare: anarchici, Autonomia operaia, prime Brigate rosse… Anni caldi, molto difficili. Erano i tempi della bomba contro la Questura dell’anarchico Bertoli: 4 morti e 52 feriti. Eravamo una squadra di 11 persone, tutti giovani, molto motivati. Sono rimasto a Milano dieci anni”.
Poi?
“Uscì la mia foto su Lotta Continua, come poliziotto “segnalato”. Allora, ritenendo che fossi in pericolo, mi trasferirono alla Questura di Reggio Calabria, con l’incarico di dirigere la Polizia Giudiziaria del Commissariato di Villa San Giovanni”.
Dalle frange extraparlamentari alla ndrangheta: incarico difficile.
“No, facile. Era il mio paese, conoscevo tutti. E conoscevo anche le logiche con cui ragionavano le consorterie mafiose: pane per i miei denti! Erano i primi anni Ottanta. Purtroppo, feci più il becchino che il poliziotto: era scoppiata una guerra di ndrangheta fra due clan e ogni giorno c’era un morto ammazzato. Poi cominciarono le minacce, gli avvertimenti a mia moglie… Mi chiesero di trasferirmi e scelsi Verona”.
Perché Verona?
“Era il 1987 e a Verona c’erano due amici: il questore Lucchese, che avevo conosciuto giovane commissario a Milano e il procuratore Guido Papalia, con cui avevo già lavorato quando era sostituto a Reggio Calabria. Avevamo fatto insieme decine di battute in Aspromonte, a caccia di sequestrati”.
In quegli anni Verona era la Bangkok d’Italia per il traffico di droga.
“Certo. Ricordo che appena arrivato chiesi a un collega di accompagnarmi nel quartiere malfamato della città. Mi portò a Borgo Nuovo. A me sembrò un quartiere residenziale, rispetto ai luoghi che avevo frequentato! Da lì, dalla lotta alle famiglie malavitose che allora abitavano nel quartiere, iniziò la collaborazione con il procuratore Papalia, che mi assegnò la direzione della Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica”.

Interessi eccessivi, ecco come uscirne

Usurai e cambisti nell’ambito del gioco d’azzardo. Si può arrivare al tasso del 700%

Quindi si è fatto pure tutti gli anni della tangentopoli scaligera.
““Mani pulite” è iniziata a Verona, con l’operazione “siepi d’oro” legata ai lavori sul “verde” dell’Autostrada Serenissima. Tutte le investigazioni furono fatte dal mio ufficio. In Calabria avevo capito che è fondamentale saper leggere gli atti amministrativi. Quello che mi colpì del malaffare veronese fu che, mentre al sud, dove la mafia è inserita negli organi istituzionali, gli atti amministrativi venivano redatti alla perfezione, qui gli atti erano scritti in modo approssimativo, come se fosse scontato che tanto non poteva succedere nulla”.
E veniamo all’incarico con cui, per non smentirsi, occupa il tempo libero della pensione.
“Avevo letto sul giornale di un imprenditore vittima di usura, che aveva tentato il suicidio. Così, alla luce della mia esperienza professionale, proposi all’allora sindaco Paolo Zanotto di istituire un ufficio che potesse dare informazioni sul fenomeno usuraio. Venne aperto nel 2006. Ora l’ufficio fa riferimento a due assessori: Michele Bertucco al Bilancio e Stefania Zivelonghi alla Sicurezza”.
Quali sono i compiti dell’Ufficio Antiusura?
“L’ufficio opera su due linee: la dissuasione verso chi si trova nell’anticamera dell’usura e l’informazione per aiutare chi si trova sotto usura a uscirne. Per il poliziotto l’usura è detta reato “civetta”, perché con una sola denuncia si riescono a scoprire anche altri reati: ricettazione, estorsione, minacce, traffico di droga. Dev’essere chiaro che chi denuncia un usuraio non corre pericoli per la propria incolumità. Perché l’usuraio, più che l’arresto, teme la diffusione della notizia, che potrebbe indurre anche le altre vittime a fare denuncia, aggravando la sua posizione”.
Qual è il legame fra gioco d’azzardo e usura?
“É un cerchio che si chiude perfettamente. Chi ha la dipendenza dal gioco d’azzardo va inevitabilmente a finire in mano agli usurai. Nei pressi delle slot-machine spesso stazionano persone che prestano denaro: è detta “usura di giornata” e si conclude nell’arco delle 24 ore. Al giocatore si prestano piccole somme, sotto i cento euro, che vanno restituite il giorno seguente, raddoppiate. Nelle sale da gioco invece sono presenti i cambisti, che sarebbero figure a delinquere che dai casinò si sono spostati nelle sale da gioco, dove ci sono le Video lotterie telematiche-Vlt: in pratica, ogni macchina è un mini casinò. I cambisti prima di prestare i soldi al giocatore chiedono un documento, si informano: quindi non c’è scampo”.
Chi sono i giocatori?
“Pensionati, casalinghe, piccoli artigiani, partite Iva. Gente che sta bene, che ha attività redditizie: entrano nel vortice e rovinano se stessi e le loro famiglie. La dipendenza dal gioco d’azzardo è una vera e propria patologia”.
Qualche dato sul fenomeno a Verona?
“Ho i dati del Monopolio di Stato del 2021. In città sono stati spesi più di 278 milioni in giocate. Sono presenti 250 sale, bar o tabaccherie con quasi 2.000 apparecchi di slot-machine e 22 sale da gioco con quasi 300 Vlt. In un anno sono stati distribuiti 7 milioni e mezzo di tagliandi di “Gratta e Vinci”: il denaro speso sfiora i 43 milioni”.
Qual è in media il tasso di usura?
“Si parte dal 10 per cento del primo mese per arrivare, al termine del rapporto usurario, al 600-700 per cento e anche oltre”.
Cosa direbbe a chi sta per cadere nelle mani di un usuraio?
“Di rivolgersi subito a me. Per prendere appuntamento si può telefonare al numero 045 8077088 o inviare una email a ufficioantiusura@comune.verona.it”.

Rossella Lazzarini