La popolazione nomade degli Sciti Nelle “Storie’’ Erodoto descrive questo popolo che abitava a nord della Grecia

Nel quarto libro delle sue Storie, Erodoto descrive, tra le altre, una popolazione nomade che abitava le terre a nord della Grecia. Gli Sciti erano originari delle steppe eurasiatiche, ma, in seguito agli spostamenti di altre etnie, si erano dovuti trasferire nel VII secolo a.C. sulle coste asiatiche del Mar Nero, in una regione chiamata appunto Scizia. Erodoto, autore della prima opera storica della letteratura, racconta di una popolazione particolarmente feroce, che si dedicava al pascolo e si nutriva di carne e latte equini, viveva su carri in perenne movimento e combatteva con arco e spada. Erano soliti portare gli scalpi dei nemici uccisi alla cintura e si diceva che i loro figli imparassero ad andare a cavallo ancor prima di saper camminare. Indossavano abiti di pelle, si tatuavano il corpo e indossavano raffinatissimi gioielli in oro ritrovati nelle tombe (le quali peraltro mostrano anche la decisiva influenza e considerazione di cui godevano le donne scite).
Non ebbero mai una polis o un’organizzazione statale, ma questo non impedì loro di costituire un vero e proprio impero nomade.
Fu proprio al comando di una regina, Tomiri, che gli Sciti sconfissero l’impero rivale persiano in seguito a una provocazione subìta. Sterminato da una pioggia di frecce e dalle asce a doppia lama, l’esercito dovette soccombere; lo stesso re Ciro fu decapitato e, a quanto racconta Erodoto, la sua testa fu immersa dalla regina in un otre di sangue, per tenere fede alla minaccia che lei gli aveva rivolto, ovvero che sarebbe stata in grado di saziarne la sete di sangue.
Alcuni anni più tardi, Dario, il successore di Cambise (che era figlio di Ciro), portò l’impero persiano alla sua massima estensione; ne 514 a.C. attraversò il Bosforo e oltrepassò la Tracia e il Danubio con lo scopo di sottomettere gli Sciti. Per il re di una popolazione stanziale, l’idea di conquista consisteva nella capacità di sconfiggere un esercito e conquistare una città; ma gli Sciti, nomadi, non avevano città o campagne per le quali temessero il saccheggio, e vanificarono la spedizione persiana semplicemente continuando a fare ciò che facevano in tempo di pace, ovvero spostarsi abilmente con i loro carri e cavalli nelle steppe finendo per mettere a dura prova la resistenza degli avversari. Dario, frustrato dalle continue rincorse e dall’impossibilità di uno scontro frontale, fu costretto ad arrendersi, anche se questo non gli impedì di dichiarare sull’iscrizione di Behistun – che riporta le conquiste persiane – che anche gli Sciti erano stati vinti. Si trattava di propaganda, ma in realtà lo scontro culturale e i diversi presupposti avevano segnato una vittoria del mondo nomade su quello sedentario.

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