La tragedia di Arpad Weisz Grande allenatore, ebreo, passò dallo scudetto ad Auschwitz, ucciso a 47 anni

Settantasei anni fa, come oggi, moriva Arpad Weisz, “eroe” sportivo finito nel gorgo dell’odio nazista. Nei giorni della Memoria, è giusto ricordrlo come ha fatto il calcio italiano, nell’ultimo turno.

DA GIOCATORE. Weisz militò dapprima nel Törekvés, una piccola squadra di Budapest, mentre l’anno successivo giocò nel Maccabi Brno, società ebrea della città di Brno. Quindi, venne in Italia, dove, dopo una breve esperienza all’Alessandria, nel campionato 1925-1926 passò all’Inter. La sua carriera da giocatore, dove lo si ricorda come un’ala sinistra molto veloce e ben dotata tecnicamente, s’interruppe bruscamente nel 1926 a causa di un grave infortunio al ginocchio che lo costrinse al ritiro.

DA ALLENATORE. Iniziò allora il suo apprendistato da allenatore tra Ungheria, Uruguay e Alessandria. Quindi eccolo di nuovo all’Inter, che subito gli affidò la panchina della prima squadra. E nella stagione 1929-1930 vinse il campionato di Serie A, il primo a girone unico nella storia del calcio italiano:

LE NOVITA’. Il punto di forza di quell’Ambrosiana risiedeva nei metodi di allenamento: Weisz fu la prima guida tecnica ad accompagnare i suoi giocatori, durante le sedute, con maglietta e pantaloncini; introdusse inoltre specifici carichi di lavoro, curò la dieta dei calciatori e diffuse la pratica dei primi ritiri, ed era inoltre solito visionare personalmente i Boys, ovvero il settore giovanile. Fu lui a scoprire, tra gli altri, un certo Giuseppe Meazza.

AL BOLOGNA. Nel gennaio 1935 diventò allenatore del Bologna di Renato Dall’Ara, subentrando a un altro ungherese, Lajos Kovács. L’anno successivo, Weisz pose fine al succitato ciclo bianconero, conquistando il terzo scudetto della storia bolognese, bissato l’anno successivo.

LA FINE. Tutto cambiò improvvisamente nel 1938, quando l’allenatore felsineo, a causa delle leggi razziali diventò semplicemente un israelita di nazionalità straniera, vedendosi costretto a lasciare il suo lavoro e l’Italia per rifugiarsi nei Paesi Bassi. Dal maggio 1942, però, la situazione iniziò a peggiorare: Weisz non poté più lavorare, Il successivo 2 ottobre la famiglia Weisz partì su un treno diretto ad Auschwitz: qui, il 7 ottobre, Elena, Roberto e Clara vennero subito condotti alle camere a gas; Arpad, invece, insieme ad altri 300 uomini, venne fatto scendere a Cosel, in Polonia, per essere poi mandato nei campi di lavoro dell’Alta SlesiaDopo mesi di lavori forzati, Weisz venne ricondotto ad Auschwitz, dove trovò la morte in una camera a gas il 31 gennaio 1944, a 47 anni.