L’assenzio ispirava i “poeti maledetti’’ Nella seconda metà dell’Ottocento era usato anche come “distraente” per i poveri

Nell’immaginario comune, l’assenzio, una bevanda ormai relativamente poco diffusa ma che sta per la verità tornando di moda, era considerato un distillato quasi diabolico, un alcolico vittima di una vera e propria leggenda nera, durata dalla seconda metà dell’Ottocento fino ad anni anche recenti. Per molti decenni del Novecento l’assenzio è rimasto una bevanda bandita per legge in diversi Paesi, in quanto ritenuta legata alla dissoluzione morale, fisica e intellettuale, indicata come vizio pericoloso e in alcuni casi mortale. Questa lunga tradizione affonda le radici nella Francia di tardo Ottocento, nel contesto culturale principalmente parigino in cui, da una parte, l’assenzio era consumato da una vasta fetta di popolazione, tendenzialmente povera e che lo usava come vizio distraente, e, d’altra parte, da cerchie di intellettuali afferenti a quella cerchia definita storiograficamente degli “intellettuali maledetti” – tra i quali, in ambito poetico, spicca Baudelaire.
La fama nefasta dell’assenzio si compone di queste due dimensioni. Perché sia di buona qualità, l’assenzio necessita di essere mischiato con altre erbe, e il processo di distillazione è abbastanza complesso: ciò rende il prodotto finale costoso e ricercato, e ne limitava l’accessibilità. Per questo, esso veniva prodotto in versioni surrogate, mischiate con componenti chimiche e sintetiche il cui scopo principale era di produrre il tipico colorito verde acceso del liquore in purezza, pronto per essere intorbidito tramite il processo quasi rituale del luche previsto dalla tradizione.
Queste sostanze erano in effetti tossiche, in modo simile al mercurio utilizzato dai cappellai che ha permesso a Lewis Carroll di ideare il proprio personaggio del Cappellaio Matto in Alice nel paese delle meraviglie.
Molte persone, dopo un consumo prolungato di questi surrogati dell’assenzio, perdevano lucidità anche in modo permanente, e riscontravano seri danni cerebrali. D’altro canto, anche per l’aura di morte che circondò la bevanda, e la conseguente spinta al proibito che anima l’uomo curioso, l’assenzio divenne l’acolico simbolo di una belle époque ricca di contraddizioni e la bevanda associata con la riflessione nascosta e tormentata, e con il genio.
Il moto di reazione dell’autorità fu imponente, e produsse esiti che paiono a noi oggi veramente provenire da un’altra epoca: tra gli altri, una vastissima serie di cartelloni e avvisi in stile liberty dalle forme quasi artistiche che ammonivano con la minaccia di morte contro i rischi derivati dall’assenzio.
Questa bevanda è oggi ancora viva, tutelata da associazioni che ne promuovono la diffusione e, se consumata in modo corretto e secondo il rito che prevede l’uso di appositi strumenti per la preparazione immediata, essa è in effetti una porta che può condurre verso sensazioni ormai perdute: un esperimento interessante, che appassiona, come molti vizi, anche e soprattutto per l’aura liturgica che lo ammanta.

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