Lavoro, 4 veronesi su 10 sono insoddisfatti La retribuzione (41%) emerge come primo driver di scelta nella valutazione di un’offerta

Il Consiglio dei ministri tenutosi lunedì 1° maggio ha messo a punto un nuovo decreto-legge, che rende effettivo un taglio delle tasse in busta paga per i redditi medio-bassi. Proprio in merito al rapporto degli italiani con il lavoro, Changes Unipol ha realizzato una nuova ricerca elaborata da Ipsos, analizzando aspetti quali il livello di soddisfazione per la propria occupazione e retribuzione, la propensione al cambiamento, i fattori per la scelta di un nuovo lavoro e le aspirazioni in termini di work-life balance.
Il primo dato significativo che emerge dall’indagine è quello relativo all’insoddisfazione dei lavoratori veronesi per la propria retribuzione: 4 su 10 ritengono il livello del proprio stipendio poco o per nulla soddisfacente (39%) mentre il resto del campione si dichiara abbastanza o molto appagata (61%). La percentuale di soddisfazione rispetto alla propria retribuzione risulta, comunque, superiore rispetto alla media delle altre città italiane (56%).
Non è quindi sorprendente constatare che la retribuzione rappresenti il criterio di scelta più rilevante per valutare un’offerta di lavoro: viene infatti indicato dal 41% di coloro che lavorano a Verona; segue la possibilità di conciliare il lavoro con le esigenze della vita privata (39%), ma sono importanti anche la solidità dell’azienda (30%), la vicinanza a casa (29%) e il ruolo offerto (28%).
Importanti, ma non prioritari, Il coinvolgimento, nonché la motivazione che l’azienda offre (indicato dal 14%) e l’offerta in termini di smart working (13%).
Tra i lavoratori veronesi, il 41% è aperto alla possibilità di cambiare lavoro (in particolare il 12% sta cercando attivamente e il 29% si sta guardando intorno), un dato leggermente inferiore rispetto alla media italiana (45%).
Tra coloro che lavorano, soltanto 1 su 4 (il 24%) sarebbe disponibile a trasferirsi all’estero per accettare una proposta di lavoro, contro il 32% della media registrata tra le città metropolitane coinvolte nello studio.
In caso di cambiamento, i motivi di abbandono dell’attuale posto di lavoro sono nel 46% dei casi l’arrivo di un’offerta di lavoro migliorativa o comunque molto allettante, seguito dall’esigenza di meglio conciliare lavoro e vita privata (32%), da una retribuzione non adeguata (26%) e da ritmi di lavoro troppo pesanti (23%). Soltanto il 7% cambierebbe a causa di una forma contrattuale non soddisfacente, mentre il 13% si sposterebbe a causa di un clima aziendale non soddisfacente o cattivi rapporti interni. Appena l’11%, cambierebbe a causa delle scarse possibilità di fare carriera. Tra i desiderata legati all’occupazione, la modalità di lavoro preferita è di gran lunga quella ibrida (ufficio + lavoro da remoto), indicata nel 48% dei casi, a fronte di un 31% di lavoratori che vuole invece lavorare al 100% in presenza.Infine, piace l’idea della settimana lavorativa corta, a parità di ore complessive e stipendio, visto che 4 lavoratori su 10 (il 41%) si dichiara “molto” interessato: una quota che sale all’80% se si include anche chi afferma di trovarla una misura abbastanza interessante. Solo il 20% si dichiara poco o per nulla interessato.