Marco Bravi, “la mia vita in un click” Dopo una lunga esperienza nella pittura, approda alla fotografia quasi per caso. Si appassiona talmente a quest’arte da dedicarle tutta una vita. A lui va il merito di aver introdotto a Verona il reportage di cerimonia, un nuovo modo di riprendere gli eventi

Ci racconti la sua storia
Sono nato nel 1954 a San Giovanni in Valle. Fin da bambino ho sempre disegnato e dipinto, così mi sono iscritto al liceo artistico per seguire questa passione. La mia passione era l’iperrealismo, cioè la pittura che ricerca il realismo fotografico. Ho realizzato e venduto molti dipinti, e con il ricavato spesso compravo motociclette – altra mia grande passione. Poi un giorno ho trovato una vecchia Kodak Instamatic 50. Ho cominciato a fare fotografie e ho scoperto che quello che volevo trasportare su tela col pennello, si poteva rendere con un semplice click. La cosa mi affascinava molto. Allora ho acquistato la mia prima macchina fotografica, con grandi sacrifici, e ho iniziato a frequentare il mondo dei fotografi.
E dopo?
Ho trovato lavoro immediatamente come vetrinista. Ho cominciato a guadagnare, a comprare macchine fotografiche sempre più avanzate, poi mi è venuta voglia di fare qualcosa di più, così mi sono iscritto all’Accademia di Belle Arti e alla mostra finale sono stato premiato come il primo del corso di fotografia. Da lì è cominciata la mia avventura. La grande occasione l’ho avuta grazie a Saverio Gugole, il parrucchiere più in voga di Verona e direttore dell’Art Hair Studios, famiglia artistica della Wella, che ha cominciato a farmi fotografare le acconciature che creava. Poi negli anni ‘70, mi ha chiesto di fotografare il suo matrimonio. Non avevo mai affrontato una cosa del genere e l’ho fatto come se fosse un reportage, senza pose. Il risultato gli è piaciuto tantissimo e l’ha tenuto in negozio per mostrarlo alle clienti che hanno iniziato a contattarmi per i loro servizi matrimoniali. Nel frattempo facevo anche un altro lavoro, l’agente di commercio, che mi permetteva di avere il pomeriggio libero da dedicare alla fotografia. Dopo aver partecipato a una delle prime fiere a Verona sul matrimonio, ho triplicato il numero dei clienti. Ovviamente sono diventato professionista a tempo pieno e ho aperto il mio primo studio. In seguito mi sono specializzato in Svizzera sull’uso del banco ottico e della luce in studio per la fotografia industriale.

Cosa preferisce fotografare?
Non sono mai stato un paesaggista, amo il ritratto, l’essere umano. Infatti ho dedicato buona parte del mio lavoro alla danza. Sono stato legato per 13 anni alla Spellbound Dance Company di Roma. Mi piacciono moltissimo il movimento del corpo umano, i muscoli, i visi. Sono un grande amante del bianco e nero. Stampo le mie foto da solo perché cerco sempre di avvicinarmi il più possibile a quella che per me è la perfezione e che nessun laboratorio mi può dare.. Mi porta via molto tempo ma mi dà una grande soddisfazione.

Quanto incide la parte creativa nella sua attività?
Il ritratto dà spazio alla creatività, anche perché il 99% delle persone che si fanno ritrarre si affida totalmente a me.

Mi lascio ispirare dai visi, seguo l’istinto; la creatività gioca un ruolo importante, in questo caso. Per altri soggetti incide meno, per esempio nelle foto di catalogo o pubblicitarie bisogna seguire di più le direttive di un art director o chi per esso ma rimane sempre una certa libertà per quanto riguarda l’illuminazione e le inquadrature.

Le è capitato di pubblicare qualcosa o partecipare a delle mostre?
Ho pubblicato molto su riviste di moda e di cucina, tutti lavori su commissione. Ho seguito la ristrutturazione della Gran Guardia a Verona, dalla quale è stato tratto un libro ma non ho mai fatto libri veri e propri. Così come per le mostre, solo qualche piccola esposizione. Ho fatto dei bei reportage in India , in Mongolia e in altre parti del mondo che mi hanno affascinato moltissimo che mi hanno chiesto di pubblicare ma mi limito a farlo qualche volta sui social network. Una cosa che mi contraddistingue – sicuramente controproducente – è il fatto che la più grande soddisfazione la ricavo da me stesso. Mi basta sapere di essere riuscito a fare una bella foto e me ne compiaccio, non mi attrae l’idea di mettermi in mostra.

È rimasta qualche esperienza ancora da fare?
A livello fotografico ho veramente fatto di tutto: ritrattistica, reportage, still life, fotografia industriale, reportage aziendali un po’ in tutta Italia, cataloghi. Mi mancano solo la fotografia subacquea e astronomica, i due estremi.
C’è un filo conduttore nel suo percorso?
Credo di essere stato fotografo sempre. Anche quando dipingevo, fotografavo con i pennelli, cercavo di dare la perfezione ai miei dipinti, passavo anche giornate intere a rifinire il particolare di un quadro. Ancora adesso non amo l’astrattismo. Nella fotografia cerco di ritrarre la realtà per quella che è, di documentarla nel miglior modo possibile. Da quando esiste il digitale esiste anche la post-produzione; io la uso per apportare piccole modifiche, dare più contrasto, togliere la grana, ma non vado a stravolgere la realtà. Se si modifica in modo eccessivo non è più fotografia, è un altro tipo di arte. L’etimologia stessa della parola fotografia, dal greco, significa disegnare con la luce: ecco, io disegno con la luce e non con Photoshop anche se lo uso quotidianamente così come usavo la camera oscura.

Il mondo è cambiato, cosa riserverà il futuro alla sua professione?
Lo stravolgimento causato dal passaggio dalla pellicola al digitale, ha determinato la scomparsa di una quantità incredibile di colleghi che non hanno saputo adattarsi. Oggi vivere è diventato difficile, i matrimoni sono diminuiti, anche perché con l’avvento del digitale chiunque può definirsi fotografo, anche senza la giusta conoscenza o esperienza. La parte della ritrattistica, invece, sta andando alla grande, ne faccio sempre tantissimi; mentre la parte industriale è calata. Per la fotografia penso e spero che ci sarà un ritorno. Oggi chiunque può fare fotografia e in tanti vogliono imparare a fotografare davvero, creare la foto e non solo scattarla. Questo mi fa piacere e spero che sempre più gente segua questo filone e che si torni a parlare di fotografia vera.

E il futuro del suo studio?
Sono molto ottimista e vedo prospettive di rinnovamento, nel segno della professionalità e della creatività. Dopo tre anni di esperienza all’estero, infatti, mio figlio Massimiliano è tornato in Italia con la voglia di affiancarmi nell’attività e portare avanti il nome e la professionalità che tuttora ci contraddistingue. Il suo arrivo ha portato nuova linfa ed energia allo studio e a me stesso, ora procediamo assieme con grande voglia ed entusiasmo.