Mi chiamavano Rombo di Tuono Se ne è andato Gigi Riva. Amò la Sardegna. Resta suo ancora il record di gol (35) realizzati con la maglia dell’Italia

Gigi Riva avrebbe compiuto 80 anni il prossimo 7 novembre. Un autentico mito non solo del calcio italiano ma dell’intero costume nazionale. E viaggiando verso un traguardo così prestigioso lo scorso anno lo steso Riva ha affidato alla penna di Gigi Garanzini i suoi ricordi, le sue emozioni, le sue verità.
Gigi Riva da Leggiuno, lago Maggiore, ha, infatti, firmato assieme al giornalista capace di siglare libri di altre leggende come il Paron Nereo Rocco o il Vecio Enzo Bearzot, la sua biografia. “Mi chiamavano Rombo di Tuono” edizioni Rizzoli.
Ricordi in chiaroscuro di una vita scandita dal pallone e dal suo amore, profondamente ricambiato, verso la Sardegna, il suo popolo, la maglia del Cagliari. “Vado per gli ottanta.
L’ultima partita l’ho giocata che non ne avevo trentadue e sarà anche vero che dura un attimo la gloria ma poi portarsela dentro per tutto questo tempo senza più la possibilità di rinverdirla è durissima.
Anche un po’ crudele”. Gigi Riva è un monumento assoluto del calcio italiano, suo ancora il record di gol assoluto con la maglia dell’Italia, ben 35, ma è stato anche un uomo profondamente riservato, schivo. Le pagine del libro aprono uno squarcio sulla sua vita, non sempre facile e ricca di successi.
Dall’infanzia trascorsa in povertà e ricca di lutti familiari al sogno del pallone, iniziato con la maglia del Legnano e proseguito a 18 anni quando Riva venne ceduto al Cagliari.
E all’epoca arrivare nel capoluogo della Sardegna dalle sponde del lago Maggiore era un’impresa. Quella Sardegna nella quale Riva non voleva assolutamente andare, quella terra che lo accolse, invece, come quella madre che aveva perso da poco.
Un legame profondo, indissolubile che ha portato Riva a vestire il ruolo di presidente onorario di quella società che grazie ai suoi gol, alle sue giocate condusse alla conquista di un fiabesco scudetto nella stagione 1969-70. Toccanti le righe finali di un racconto che gli appassionati di calcio ma non solo, leggeranno tutto d’un fiato.
Sono le parole di Gianni Brera, che regalò a Gigi Riva il leggendario epiteto Rombo di Tuono, il giorno del suo addio al calcio.
“Nel suo viso incavato erano scritti infiniti ricordi di dolore. Nessun pericolo ha mai potuto arrestarlo. Ha sempre considerato possibili acrobazie più temerarie, tanto più temibili e pericolose quanto più vicine all’arcigna durezza della terra. I sardi vedevano in lui il campione, l’eletto che doveva riscattarli di fronte ad una storia matrigna. L’uomo Riva è un serio esempio per tutti. Il giocatore chiamato Rombo di Tuono è stato rapito in cielo, come tocca agli eroi”.
Con la morte di Gigi Riva, scritto sempre per intero e senza pause, si ammaina una bandiera, forse l’ultima di un calcio lontano. Non solo calcio, però.
Di anni leggendari, di un’epoca i cui testimoni poco alla volta, come si suol dire, passano oltre. Un tempo miti dell’infanzia, ora ricordi lontani.
Mauro Baroncini