Paolo Sirena: l’avvocato con fascia da capitano Tre anni nella capitale, ma Verona è diventata la sua città: qui sono nate anche le figlie

Con 172 gettoni Paolo Sirena è al secondo posto nell’ultracentenaria storia dell’Hellas Verona come numero di presenze in serie A. Meglio di lui, con 232, solo l’indimenticato Emiliano Mascetti. Difensore dalle lunghe leve, fu uno dei primi terzini fluidificanti della storia del calcio italiano, capace anche di andare in rete con una certa frequenza. Per anni ha indossato con onore anche la fascia di capitano ma è anche ricordato dal popolo gialloblù come “l’Avvocato”.
«Avevo iniziato la facoltà di Giurisprudenza spinto da mio padre – racconta Sirena – poi dopo aver sospeso durante il servizio militare, una volta arrivato a a giocare nel Verona, ho ripreso a studiare. Mi sono iscritto a Ferrara, arrivando alla laurea del 1973. Sì, perché allora bisognava pensare anche al dopo, Non si viveva di solo calcio. Rimpianti? Quelli mai – puntualizza – sono contento di quanto ho fatto. Avevo anche preso in considerazione di proseguire con il mondo del pallone ma poi ho deciso di rimettermi in gioco. Sono contento di come è andata».
ROMA E VERONA
Prima degli otto anni con l’Hellas, Sirena ha indossato per tre stagioni anche la maglia della Roma. «Arrivavo dal Treviso, ho trascorso tre anni anni stupendi, anche se persi buona parte della prima stagione per la frattura di tibia e perone. Allora, i tempi di recupero erano molto più lunghi di adesso. Non mi lamento, però. Roma è una città meravigliosa e quella era proprio una bella squadra. Sono stato molto bene».
Poi il trasferimento al Verona, con Sergio Petrelli a fare il percorso inverso. «Avevamo vinto la Coppa Italia e l’anno dopo avrei partecipato alla Coppa delle Coppe. La presi comunque abbastanza bene, anche perché mi avvicinavo a casa. Alla fine ci sono rimasto fino alla fine della carriera». E Verona, come tanti altri suoi ex compagni di allora, è diventata la sua città. «Da giocatore, con la laurea in mano, avevo già iniziato a prendere contatto con quella che sarebbe stata la mia professione futura. In quegli anni avevo tessuto molti contatti che si sono rivelati fondamentali per il mio lavoro. A Verona sono nate anche le mie due figlie. Meglio di così non poteva andare».
La sfida di campionato di oggi tra Roma e Verona è diventata una gara dalle mille sfumature. Da una parte una squadra in crisi che ha appena cambiato allenatore, dall’altra una formazione “decimata” da una lunga serie di cessioni. «Devo dire la verità – ammette candidamente – una cosa del genere non l’avevo mai vista. Ora mi auguro che dopo tutte queste vendite possa anche arrivare qualcuno a prendere il posto di chi se n’è andato. La Roma, per fortuna, ha anche lei i suoi problemi, tuttavia si tratta di una squadra con tanta qualità. Se gioca da Roma non c’è proprio partita». Nel suo passato da avvocato, poi, Sirena ha vissuto da vicino anche il sofferto fallimento dell’Hellas Verona, al fianco di Gianfranco Bertani, nominato allora curatore fallimentare. «Fu un momento molto difficile, anche se nemmeno paragonabile a quello che sta succedendo adesso. Allora, grazie allo sblocco dei crediti, riuscimmo a saldare gli stipendi arretrati dei calciatori, sistemando così la situazione finanziaria. Poi ci aiutarono i risultati. Da febbraio a maggio perdemmo solo una partita e alla fine, oltre al salvataggio della società, arrivò anche la promozione in serie A. Il club fu poi rilevato da Mazzi e Ferretto e iniziò un’altra storia».
Enrico Brigi