Pieve romanica di San Nicolò Il viaggio tra le meraviglie della provincia

La Pieve fu costruito nel sec. XII per opera della Corporazione degli Origiani dedicandolo a San Nicolò come tante chiese vicine a laghi o a coste del mare ricordando una storia/leggenda che lo riguardava.
In seguito la chiesa divenne sede della Confraternita di S. NicoIò, una delle antiche Confraternite della Misericordia nate in seguito alle predicazioni domenicane nel sec. XIII che curò la diffusione del culto della Vergine, le opere d’assistenza e di carità, nonché l’amministrazione ed il mantenimento della chiesa stessa.
La Confraternita promosse i principali lavori di rifacimento e di restauro che accompagnarono nei secoli la storia dell’edificio. Solo recentemente la chiesetta è stata restituita alla forma originale, dopo le molte vicende subite nel corso degli anni. Dopo circa 10 anni infatti, dalla sua nascita dovette subire, con ogni probabilità, i primi danni col terremoto del 1117, che fece crollare molte chiese del veronese. Dopo che nel 1528 un incendio distrusse la casa del Comune di Lazise, e la chiesa fu adibita ad usi profani, quale sede dei consigli e delle riunioni pubbliche, nel 1595 la Confraternita decise di demolire l’abside originale, semicircolare e tutta decorata ad affresco, per sostituirla con una a crociera. Il Comune, fece murare sulla sommità dell’arco trionfale lo stemma di Lazise con l’iscrizione: C.l. MDXCV.
Nel 1777 la Confraternita, ricostituitasi sotto il nome della Beata Vergine del Suffragio, chiese di sostituire l’antico campanile a vela, ormai diroccato, con uno più grande a due campane; la domanda fu accolta. Ad opera compiuta, furono collocate le due nuove campane, l’una offerta dai fedeli, l’altra, poco più tardi, a spese della comunità. Le campane, oltre a richiamare i fedeli alle sacre funzioni, nei giorni di nebbia e di tempesta guidavano, col loro suono, i naviganti verso la salvezza del piccolo porto.
Il lato settentrionale esterno, prospiciente il porto, in origine era protetto da un portico avente un altare proprio sotto l’affresco con la Madonna del Popolo. L’atrio, in seguito, venne usato come magazzino per le merci e come riparo notturno per gli uomini e gli animali, cosicché il vescovo Gian Matteo Giberti, disapprovando la presenza dell’altare in un luogo adibito ad usi profani, lo fece demolire e nel 1792 si demolì anche il resto del portico.
Nel 1806, sulla scia delle soppressioni napoleoniche, il Governo del Regno Italico sciolse la Confraternita di San Nicolò, ne incamerò i beni e tentò di demaniare anche la chiesa, salvata in extremisdal Comune, suo legittimo proprietario. La chiesa versava comunque in gravi condizioni di degrado e d’abbandono, tanto che il Cardinale Luigi di Canossa, in occasione della visita pastorale del 1879, ne ordinò la chiusura temporanea in attesa di tempi migliori.
La chiesa venne trasformata anche successivamente in magazzino, teatro, alloggio di soldati, cinematografo e i suoi arredi sacri furono dati in deposito alla Chiesa parrocchiale.

Tiziano Brusco