Referendum, un disastro annunciato Quesiti incomprensibili, questioni di cui deve occuparsi la politica, in Parlamento

Il referendum-flop? Alzi la mano chi ha mai pensato che si raggiungesse il quorum. Per questo stupisce lo stupore dei (tanti) che ora si stracciano le vesti.
Certo, si può guardare da tanti punti di vista. Il primo, sia chiaro, è un po’ una sconfitta per tutti. Per chi ci credeva, per chi ha lottato per arrivarci, per la democrazia, per le istituzioni. Per la Giustizia, anche. Ovvio.
Ma siccome siamo nel 2022, non si può continuare a tenere la testa sotto la sabbia e fingere di credere a Babbo Natale.
Chi ha spinto per mandare la gente a votare le 5 schede? Quante volte s’è sentito qualcuno parlare di referendum?
E allora, com’è possibile pensare che la gente vada a votare?
Non raccontiamoci bugie. Il referendum resta un passaggio garantito dalla Costituzione, ma ci sono aspetti sui quali vale la pena riflettere. Perchè, così com’è, o meglio, così com’è stato in quest’ultima tornata, diventa (purtroppo) una presa in giro.
E un’inutile spesa in un momento in cui la parola “risparmio” è più che mai importante. Ma che senso ha? Nessuno. Non raccontiamoci la favola dell’orso, il referendum sulla giustizia mancava di troppi elementi-chiave, per pensare che andasse in porto.
Alzi la mano chi, leggendo i quesiti, poteva farsi un’idea di quello che lo aspettava. Nessuno, forse soltanto i magistrati e dintorni. Quesiti incomprensibili su una materia complessa, che va gestita senza se e senza ma, dalla politica. La riforma della Giustizia è una questione politica, che va discussa in Parlamento, punto e basta.
Perchè un conto è chiamare gli italiani a votare su questioni ad “ampio spettro”, ma di facile comprensione (esempio: divorzio, aborto, eccetera), un conto è chiamarli al voto sulla riforma della Giustizia.
E allora? E allora, va detto, la sconfitta è solo della politica. Che prima mette in piedi una questione così complessa, raccoglie firme, crea illusioni, allerta gli italiani e poi li lascia in mezzo al guado, senz’arte nè parte e, soprattutto senza informazioni.
Risultato? Eccoci qua, a commentare un flop per niente inatteso. Sarebbe stato sorprendente il contrario, se è vero, com’è vero, che per le amministrative Verona ha registrato un’affluenza del 55%.
Insomma, c’è qualcosa da rivedere e bisogna farlo presto e bene. La politica si assuma le responsabilità per le quali è chiamata e (abbondantemente) retribuita. Non è la prima volta che un referendum va “ignorato”. Speriamo sia l’ultima.
R.Tom.