Rombo di Tuono e la Sardegna è felice Il 12 aprile 1970, il Cagliari batte il Bari e conquista lo scudetto: è il trionfo di un’isola

Una storia, per essere bella, ha bisogno di almeno tre elementi: un protagonista buffo e sfortunato, un antagonista cattivo e, per finire, una trama avvincente, fatta di intrecci e aneddoti particolari. Il vincitore? Ah, dimenticavo, ci vuole anche un po’ di suspence: quello si scopre sempre e solo alla fine.
I PERSONAGGI
C’era una volta un’isola lontana lontana, fatta soprattutto di pastori e silenzio. Silenzio rotto il 12 aprile 1970, dall’urlo dello stadio Amsicora. E il caso volle che a provocarlo, quel gran chiasso, fu uno soprannominato “Rombo di Tuono”, il simbolo di una squadra meravigliosa. Tra i pali Enrico Albertosi, detto Ricky, estremo difensore anche di quella nazionale che qualche mese dopo, in Messico, si arrenderà solo al Brasile del mago Pelè. In difesa il goffo Comunardo Nicolai, ricordato per la sua propensione agli autogol e per un riporto alquanto discutibile. Al suo fianco un veronese, il capitano Pierluigi Cera, un centrocampista adattato a libero per far di necessità virtù. In mezzo al campo uno con i piedi buoni, non a caso brasiliano, soprannominato Nené: di lui si narra che rifiutò le avances del nemico, la Juve, che ad inizio stagione fece di tutto per portarlo a Torino. In attacco una coppia perfetta: Sergio Gori, detto Bobo, e Gigi Riva. A dirigere il tutto, anche se più da fuori che dalla panchina, Manlio Scopigno detto “il Filosofo” per il suo essere stravagante e mai banale: 5 i mesi di squalifica rimediati quell’anno per aver rivolto al guardalinee «una frase di triviale», scrive il giudice sportivo.
LA TRAMA
Dopo il secondo posto del campionato precedente chiuso alle spalle della Fiorentina, nella stagione 1969/1970 il Cagliari parte veramente forte. Alla quinta giornata espugna proprio Firenze, conquistando la vetta in solitaria: da allora sarà un vero e proprio testa a testa, con i sardi davanti e le inseguitrici sempre alle calcagna. Nel girone di ritorno ci provanoprima l’Inter, poi la Juve, ma non c’è niente da fare. E così, quel favoloso 12 aprile (alla quartultima giornata), grazie alle reti di Gori e Riva che stendono il Bari e alla contemporanea sconfitta della Juve, la matematica consegna lo scudetto al Cagliari: è il primo e (finora) unico successo dei sardi in Serie A, segnato da due sconfitte, 42 gol fatti (di cui la metà firmati da Riva) e 11 subiti, stabilendo il record, ancora oggi ineguagliato, di sole 0,37 reti incassate a partita.
L’EROE
Ad aggiungere un pizzico di magia a questa storia ci ha pensato proprio Gigi Riva, il protagonista perfetto di qualsiasi favola: 21 le reti messe a segno in quella stagione (capocannoniere del torneo), per un totale di 135 in Serie A, tutte con la maglia del Cagliari.
IL LIETO FINE
Da quel giorno la Sardegna non è più stata la stessa: quello scudetto, per usare ancora una volta le parole del giornalista, «rappresentò il vero ingresso della Sardegna in Italia e mise fine ai suoi antichi complessi di inferiorità». Di certo c’è che quel giorno, in quell’isola lontana lontana, l’impresa di quel meraviglioso Cagliari rese tutti felici e contenti.

Pietro Zardini