Sacrestia di Santa Maria in Organo Il viaggio tra le meraviglie della nostra città

Tra i molti luoghi e tesori presenti a Verona, molti dei quali quasi sconosciuti o non abbastanza pubblicizzati, sicuramente l’attuale sagrestia di Santa Maria in Organo occupa un posto importante. Venne costruita dai monaci Olivetani tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI che chiamarono al lavoro alcuni dei maestri più rinomati della città scaligera. Il principale protagonista e ideatore del progetto di costruzione della nuova sagrestia fu fra Giovanni da Verona.
La chiesa di Santa Maria in Organo si trova all’esterno della grande ansa che l’Adige forma attorno a Verona, quindi sulla sinistra del corso del fiume, proprio come San Giorgio in Braida, il teatro romano ed il giardino Giusti e per questo motivo non facendo parte integrante del centro storico viene poco pubblicizzata.
L’architetto del campanile e della chiesa è stato fra’ Giovanni da Verona (c.1457-1525), a parte la facciata di cui si occupo Michele Sanmicheli, ma la sua opera indimenticabile, come abbiamo già detto è all’interno della chiesa: le tarsie lignee del coro e la sagrestia realizzate nell’ultimo decennio del ‘500; in una tarsia, trova anche modo di rappresentare il suo campanile, evidentemente a lui molto caro.
Fra’ Giovanni durante la sua vita, lavorò quasi esclusivamente per i monasteri dell’ordine olivetano. Successivamente Giovanni operò per altri monasteri per i quali fece sempre stalli del coro, spalliere di sacrestia e candelabri pasquali, ma a Monteoliveto c’è un affresco del Sodoma in cui lo si vede mentre utilizza gli strumenti da architetto. Non c’era in quegli anni molta differenza infatti nella forma mentis necessaria ad affrontare il mestiere di architetto e quello di intarsiatore: la prospettiva matematica era prioritaria per entrambi.
Ma torniamo negli anni ’90 del Quattrocento, il tempo della costruzione delle tarsie di Santa Maria in Organo. Due grandi artisti, Piero della Francesca e Leonardo, in quegli anni avevano fornito gli esempi a cui tutti guardavano. Non li avevano forniti solo nelle opere d’arte, Piero aveva anche scritto dei testi importanti al riguardo e Leonardo riempiva i suoi fogli di disegni in continua sperimentazione. Ci fu un grande divulgatore, a quel tempo: Luca Pacioli, altro frate, francescano però, nato a Borgo San Sepolcro come Piero ed in continuo contatto con Leonardo nei suoi anni milanesi.
Era in ogni caso un personaggio: in un quadro del 1495 lo si vede affiancato da un giovane aristocratico, che è probabilmente Guidobaldo da Montefeltro, mentre tiene una lezione dimostrativa, con libro, lavagna, compasso ed un bel poliedro leonardesco in alto. Sia a Verona che a Monteoliveto i soggetti rappresentati nelle tarsie di Fra Giovanni non si fermano solo all’aspetto prospettico, comunque per lui fondamentale ed adattissimo alle tarsie: ci sono paesaggi, libri, strumenti musicali, persone, architetture, poliedri, animali, oggetti religiosi. Sempre con un incredibile senso prospettico ed illusionistico; sono rappresentate in trompe l’oeil.

Tiziano Brusco