Sanità, appello a Zaia. Le imprese sono in allarme: rischio fallimento Valdegamberi: “La Giunta ci ripensi”

La Giunta regionale ricalcoli il conto chiesto alle piccole e medie imprese del mondo della sanità e che forniscono dispositivi medici a ospedali e ulss: attualmente si tratta di oltre 226 milioni di euro. E decida di prorogare la data di termine del 31 luglio in attesa delle decisioni del Tar che a fronte di decine di ricorsi ha rinviato ogni decisione a fine ottobre.
Sono questi gli impegni che il consigliere regionale Stefano Valdegamberi, leghista zaiano, chiede alla Giunta regionale di adottare con una circostanziata mozione che viene depositata in queste ore a Palazzo Ferro Fini. Stiamo parlando del payback sanitario: dopo l’articolo della Cronaca di Verona di venerdì scorso, il consigliere regionale già esperto della materia, ha preso carta e penna per chiedere a Zaia e assessori di rivedere una richiesta che mette in ginocchio il settore. Come già scritto venerdì scorso, il payback nasce da una norma nazionale prevista dal Governo Renzi e accelerata poi dal Governo DRaghi che chiede alle aziende private di contribuire all’extracosto della sanità.
“La Regione Veneto”, spiega Valdegamberi, “ha già inviato formale richiesta di pagamento alle singole aziende di importi astronomici che a volte superano il fatturato lordo di un anno prodotto dalle stesse ditte costringendo quasi tutte le PMI del Veneto alla messa in liquidazione”. Nel caso della Versar come spiegato dal presidente Paolo Dussin la settimana scorsa, a fronte di fatturati annuali di 6,5 milioni di euro è arrivata una richiesta di pagamento dalla Regione di 2,5 milioni per il quadriennio 2015-2019. “Questo causerà una grave carenza delle forniture di dispositivi medici già attualmente ai minimi storici con gravi ricadute soprattutto sui Livelli essenziali di assistenza”, prosegue Valdegamberi, “e verranno colpite tutte le PMI (circa 250 imprese Venete coinvolte con i loro 2.000 addetti oltre l’indotto) e che quindi quasi tutte non potranno più fornire anche i dispositivi salvavita quali valvole cardiache, stent aortici, dispositivi per la chirurgia oncologica e così via”.
“Quasi tutte le aziende coinvolte hanno presentato ricorsi sollevando forti dubbi di costituzionalità della disciplina normativa nonché ravvisando, per quanto attiene ai provvedimenti della Regione Veneto, probabili errori già nella determinazione del ripiano complessivo e il decreto legge 30 marzo 2023, n. 34, convertito nella Legge 26 maggio 2023 n. 56, ha previsto che le aziende fornitrici che non abbiano attivato alcun contenzioso o che manifestino l’intenzione di rinunciare ai contenziosi incardinati, hanno la possibilità di versare una quota pari al 48% del dovuto entro il 30 giugno 2023, in unica soluzione ed al lordo dell’Iva”.
E chi rinuncia ai ricorsi può pagare solo il 48% del dovuto richiesto. Ma il TAR Lazio, in sede Collegiale, ha accolto le istanze di sospensione dell’esecutività dei decreti regionali impugnati, tra cui anche i provvedimenti emessi dalla regione Veneto. Per questo Valdegamberi chiede il ricalcolo della spesa per i dispositivi medici eliminando, dalla lista delle aziende tenute al versamento, quelle che nulla hanno a che fare con le forniture di dispositivi medici, nonché, analizzando voce per voce ogni singola fattura di acquisto, epurando dal calcolo le spese aventi oggetto diverso da quello stabilito per legge e soggetto al payback dispositivi medici. Inoltre viene chiesto nella mozione “limitatamente agli anni 2015-2016-2017-2018, un ulteriore rinvio dei termini di pagamento, oltre il termine fissato al 31.07.2023, entro il quale le aziende fornitrici di dispositivi medici sono tenute ad adempiere all’obbligo di ripiano, e comunque entro un termine utile che consenta alla Regione il ricalcolo corretto delle somme dovute dalla aziende, in attesa di definizione dei giudizi di merito innanzi al TAR Lazio”.
E conclude: “Lo Stato rinunci all’acquisto di qualche carro armato e usi i soldi per definire la vergognosa questione del pay-back sanità. La Regione Veneto proroghi i termini in attesa delle sentenze del Tar”.
Un appello da un intero settore produttivo essenziale per il funzionamento della nostra sanità arriva direttamente dalle Pmi alle autorità di Governo.
“Facciamo un ulteriore appello ai Componenti della Giunta Regionali e delle Province Autonome interessati direttamente nelle decisioni che dovranno prendere entro il 31 luglio, come anche a tutti i Consiglieri Regionali, per un incontro con i rappresentanti della nostra Associazione PMI Sanità in modo che sia possibile fare una valutazione complessiva degli effetti per il Servizio Sanitario Regionale dati dall’applicazione di questa legge”, afferma in una nota il veneto di Ortholab Antonio Marotti, Delegato Triveneto per le Pmi della sanità.
Che spiega i pericolosi contorni di questa vicenda per tutti i cittadini che avranno a che fare con la sanità.
Cos’è il Payback dei Dispositivi Medici e le conseguenze?
Lo Stato chiede ai Fornitori di dispositivi medici ( siringhe, protesi, dispositivi salva vita come gli stent coronarici o defibrillatori e pacemaker in sostanza tutto quello che serve ai medici e infermieri per curare i pazienti) di restituire delle somme ingenti perchè gli Amministratori delle Regioni hanno speso di più di quel che potevano negli dal 2015 al 2018 ( e poi seguiranno gli anni
dal 2019 al 2022 e via via i successivi).
Nasce a gennaio 2023 l’Associazione PMI Sanità (www.pmisanita.org) che conta ad oggi 200 iscritti a livello nazionale e 25 nell’area Nord Est dell’Italia, l’obiettivo è l’annullamento della norma e ottenere i rinvii necessari perchè la politica riesca a porre rimedio definitivo. Il 30 marzo del 2023 il governo emana un DL che sposta il termine al 30 giugno e “concede” lo sconto del 52% alle
aziende che non sono in contenzioso sul tema payback o che ritirano i ricorsi fatti al TAR Lazio; a parte che la metà di una follia rimane sempre una follia è una forma sottile di ricatto ed è inaccettabile”.
Marotti ha predisposto una nota ufficiale in quanto è uno dei soci fondatori, membro del Consiglio Direttivo e Delegato per il Triveneto di Pmi sanità assieme ad altri due colleghi, e fornisce i dati della situazione dell’Azienda di cui è amministratore per fare un esempio concreto di quella che è la situazione che tutti noi fornitori stiamo affrontando”.
Ecco i dati: “Il fatturato di Ortholab S.r.l., sede operativa a Oriago di Mira (VE) e che opera nel Triveneto come distributore dal 2003, mediamente in quegli anni 15-18 fino ad oggi (a parte il 2020 l’ “annus horribilis” della pandemia Covid che ha visto un calo del fatturato del 30% medio per il settore) è stato di 3,2 milioni di euro”.
Tra le quattro Istituzioni (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Prov. Aut. Bolzano e Prov. Aut. Trento) “la richiesta per il periodo 2015-18 è di Euro 1.098.000 che equivale al 30% del fatturato annuo! Impensabile, a parte la questione di principio di non pagare una “tassa” retroattiva e impropria, la possibilità di trovare le risorse economiche necessarie anche per l’importo “scontato” (bontà loro!) del 52%. Se applicano compensazioni, come permesso dal decreto attuativo del governo Draghi, o agiscono per avere le somme con altro mezzo, farò e faremo tutti, azioni legali tramite la Giustizia Ordinaria sempre che il TAR Lazio non ci dia ragione e blocchi tutto (questo però non avverrà prima di novembre di quest’anno)”.
Ma quali possono essere le conseguenze?
“Le conseguenze, date le somme richieste in modo retroattivo e non preventivabile dai fornitori saranno tre: “Il fallimento di circa 1.500 Fornitori ospedalieri su 4.500 totali in Italia; la mancanza dei dispositivi medici negli ospedali per un lungo periodo; la successiva reperibilità sul mercato da parte delle Regioni di dispositivi medici sicuramente a costi eccessivi e ad una qualità inferiore perchè mancherà la concorrenza virtuosa che c’è stata sino ad ora”.
Come si è arrivati a questa situazione?
Il governo Monti nel 2011 fissa il tetto di spesa per i Dispositivi Medici al 4,4% della spesa per la Sanità di ogni singola Regione (lo riduce di quasi l’1% rispetto alla spesa storica) precisando, spiega Antonio Marotti delegato triveneto di Pmi Sanità, “che ogni Regione avrebbe dovuto rispondere dell’eventuale superamento della spesa prestabilita. Le Regioni negli anni 2011-2014 hanno speso oltre il tetto fissato da Monti e nel 2015 il governo Renzi (sollecitato dalla UE con minaccia di dover commissariare circa la metà delle Regioni), fa una legge chiamata Payback dispositivi medici che prevede il contributo del 50% da parte dei fornitori sul totale della maggior spesa fatta dalle Regioni. Il governo Renzi e i successivi governi non hanno mai attuato questa legge perchè, loro parole, sarebbe stato un disastro e in sostanza la legge è servita esclusivamente a tacitare le richieste di commissariamento delle Regioni minacciate dalla Unione Europea. Nel luglio 2022 il governo Draghi, ormai decaduto, “infila” il decreto attuativo della legge del 2015 fatta dal governo Renzi nel Decreto Aiuti bis e da qui inizia la nostra odissea e il pericolo per noi cittadini”.
E conclude: “Non esiste alcun dato ufficiale periodico prodotto durante gli anni di durata della gara d’appalto riguardo la corrispondenza nel della spesa affrontata dalla Regione per gli acquisti e il budget di copertura che permetta ai fornitori di vedere l’andamento dei costi. Anche volendo non potremmo comunque sospendere le forniture di nostra iniziativa perchè saremmo passibili di denuncia penale per “interruzione di pubblico servizio”. Il lavoro di tutti i giorni svolto da noi distributori di dispositivi medici prevede che si faccia formazione e assistenza al personale medico e infermieristico e in questo modo garantiamo il perfetto funzionamento dei dispositivi medici utilizzati compresi i dispositivi salvavita”.
“Dovessimo chiudere le nostre Aziende per l’applicazione del payback mancheranno anche queste nostre attività e noi Cittadini dovremo sopportarne direttamente le conseguenze”. (mb)