Secondo Concordato, ci pensò Craxi L’accordo di Villa Madama modificò i Patti Lateranensi ma ad oggi appare regressivo

Nel 1984, il governo italiano, presieduto da Bettino Craxi, e la Santa Sede siglarono l’accordo di Villa Madama, meglio noto come concordato, o secondo concordato, che mirava a rivedere e modificare consensualmente i Patti Lateranensi siglati nel 1929 dal governo Mussolini. I nuovi accordi muovevano certamente, nell’ottica dei contraenti, verso una maggiore laicità dello Stato e dovettero sembrare ad alcuni forse problematici, vista la consuetudine a considerare la Chiesa cattolica una parte così integrante della cultura e della vita italiana. A osservarlo retrospettivamente, quel concordato appare oggi incredibilmente regressivo e conservatore, come è ovvio che sia, dal momento che la sensibilità storica, morale e culturale è soggetta al tempo e al divenire. Sarebbe difficile, oggi, trovare un laico che, indipendentemente dalla sua fede religiosa, consideri quel concordato un manifesto di laicità, per almeno due motivi. Innanzitutto, pur sancendo la distinzione di sovranità tra Chiesa e Stato, il documento riconosce alla Chiesa un numero tale di diritti e garanzie che questi diventano inevitabilmente privilegi: si parla, per citare solo alcuni articoli, di “garanzie in ordine alla missione salvifica, educativa e evangelica della Chiesa cattolica” (art. 2), di “immunità e privilegi per figure ecclesiastiche” (art. 4), della inalienabilità, di fatto, degli edifici ecclesiastici e di culto – non soggetti neppure a tassazione –(art. 5), di “istituzione di scuole e la parificazione delle stesse alle scuole pubbliche” (art. 9). In quella stessa sede, inoltre, venne creato l’8 per mille come compensazione della congrua, abolita – e chi non sarebbe stato d’accordo. Tramite questi articoli lo Stato ha di fatto riconosciuto l’esistenza e, di più, ha sancito la legittimità di un corpo sociale interno e insieme esterno ad esso, un gruppo dove si può essere cittadini dello Stato ma al contempo parte di una società che garantisce diritti e richiede doveri ulteriori e diversi rispetto a quelli previsti dalla legge italiana. Con l’istituzione delle scuole paritarie, poi, lo Stato abdica alla responsabilità di provvedere complessivamente e totalmente all’istruzione dei suoi cittadini, accettando che essi possano essere in alcuni casi formati secondo valori che contravvengono al principio cardine della laicità dello Stato – e non se ne faccia un problema di programmi scolastici. Per converso, lo Stato integra l’insegnamento della religione cattolica – e solo di essa a discapito di tutte le altre, una ben strana laicità – nelle proprie scuole pubbliche. Certo, nessun posto è sicuro, se un ordinato insegnante di chiara fama e cultura, apprezzato dagli studenti, può essere rimosso per aver preso posizione contro il vescovo e la curia su questioni politiche – perché ogni altra ragione avanzata è francamente patetica. Lo Stato laico, insomma, permette non solo a una specifica confessione religiosa di estendere i propri rami nelle aree di sua competenza, ma rimane a osservare – istituzionalmente – un esercizio di potere la cui unica giustificazione è il potere stesso: faccio qualcosa perché sono in potere di farla, che non può e non deve essere una ragione per fare alcunché.

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