Sogliano ha voluto far piazza pulita Tagliato di netto tutto ciò che legava il Verona all’esperienza Juric. Vuole giocatori affamati

21/11/22 presentazione Sogliano Ph Renzo Udali©

Il mese della rivoluzione. Se in Francia è datata a luglio, quella russa ad ottobre, a Verona è l’appena concluso gennaio a far da proscenio ad uno sconvolgimento senza precedenti. L’Hellas ha dato il là ad una sorta di rinnovamento che non ha eguali, probabilmente, nella storia della recente serie A.
Squadra rifatta per almeno sei, sette undicesimi e ora toccherà a Baroni trovare la formula per ripartire e andare a caccia della salvezza.
Ma è una rivoluzione sensata, quella attuata dalla società?
E’ opportuno fare delle riflessioni e, con onestà, affermare che non tutto appare come sembra. Inutile negare che il là a questo sovvertimento parte dalle difficoltà economiche in cui versa il patron del Verona Maurizio Setti. I tifosi lo accusano apertamente di voler far “musina”.
Certo il bilancio in perdita di quasi 12 milioni di euro e l’affondamento del progetto vendita sono i presupposti necessari per spiegare le tante cessioni. Ma non ci sono solo quelli. E’ indubbio che, avuto via libera dalla proprietà, ci sia, in questi sconvolgimenti, anche la mano del direttore sportivo Sean Sogliano. Quest’ultimo non ha mai fatto mistero che qualche colpo in canna nel mercato estivo gli era rimasto.
Sogliano voleva far piazza pulita, tagliare di netto tutto ciò che legava l’Hellas all’esperienza Juric. Perchè sia l’annata Tudor che quella successiva con il tandem Bocchetti-Zaffaroni erano figli della lunga mano di Juric, intesa come mentalità, sull’Hellas, sulla squadra.
Via dunque Faraoni, fedelissimo di quella mentalità e via anche quei giocatori che non avevano fatto breccia nella filosofia del tecnico Baroni, vedi in primis Saponara. Sogliano e Baroni in questo momento sono assolutamente in simbiosi e le difficoltà li ha uniti ancora di più.
Sogliano vuole giocatori affamati, perfetti sconosciuti talvolta ma con tanta voglia di ritagliarsi un ruolo nel calcio italiano. Insomma, replicare se possibile la bella storia di Ngonge.
Baroni fa quel calcio, meno rigido sul modulo, talebano sulla mentalità che deve avere la squadra in campo, correre, pressare, lottare senza quartiere. Gli arrivi dei giovani olandesi, Noslin e Tavsan ma anche dei portoghesi Dani Silva e Vinagre si devono leggere in quest’ottica.
E allora l’impressione netta è proprio questa. Sfruttando l’acclarata crisi economica in cui versano le casse dell’Hellas si è finalmente compiuta quella rivoluzione, quel cambio totale che in estate è stato solo abbozzato e non del tutto compiuto.
Il Verona, quello attuale, quello plasmato da Sogliano e allenato da Baroni, non volge più il suo sguardo al passato ma è indirizzato verso il futuro. C
he, sia chiaro, appare ancora poco chiaro e irto di grandi difficoltà. D’ora in poi inizia il campionato di un nuovo Verona. Che anela alla salvezza e che, per quello visto all’opera contro il Frosinone, può lottare per centrare il traguardo.
Mauro Baroncini