Sorrentino “esce in presa” sul futuro “Non mi vedo allenatore, piuttosto come dirigente. Il mio sogno è una scuola calcio”

Con i suoi “occhi della tigre” ha ipnotizzato tutti i più grandi, compreso Cristiano Ronaldo, a cui ha parato un rigore all’età di 39 anni. Poi il ritiro, ma solo a metà: già, perché Sorrentino al chiodo appese i guanti ma non le scarpette, riscoprendosi centravanti con le maglie del Cervo, formazione di Seconda categoria ligure allenata dal padre, e della FC Torinese in Promozione.

Ma di cosa si occupa oggi Stefano Sorrentino?
«Oggi, fortunatamente, posso dire che sto facendo tante belle cose. Innanzitutto, dopo tanti anni passati fuori casa, sto finalmente assaporando cosa significa viversi la famiglia. Insomma, mi sto godendo fino in fondo i miei affetti. Lavorativamente parlando, invece, sto collaborando con un grande procuratore e sono opinionista sportivo a “Pressing Serie A”, in onda la domenica sera sulle reti Mediaset».

Però, nel frattempo, si sta guardando attorno e valutando altre possibili strade…
«L’anno scorso, a Coverciano, ho preso il patentino da direttore sportivo. Non mi vedo come allenatore o preparatore dei portieri, sento più mio un ruolo dirigenziale, forse perché in campo ci sono stato troppo tempo.

Quali sono le sue prospettive future?
«La mia intenzione è quella di aprire una scuola calcio. Purtroppo al momento si è fermato tutto a causa della pandemia, ma spero che presto questo bel progetto possa partire».

Restando sul campo, chi era il suo idolo?
«Essendo figlio d’arte, il mio idolo è sempre stato mio padre. Se devo dirne un altro, scelgo sicuramente Angelo Peruzzi, che ho anche avuto la fortuna di conoscere. Fuori dai pali, invece, non ho dubbi: Diego Armando Maradona, di cui custodisco una maglietta».

Per lei la Nazionale è un rimpianto?
«Diciamo che era un sogno nel cassetto. Ad oggi, senza presunzione, posso dire che in alcune annate forse una chiamata ci poteva stare. Ma, come dico sempre, mi ritengo una persona fortunatissima, ho esaudito quasi tutti i sogni che avevo da bambino».

E degli anni al Chievo cosa ci dice?
«Al Chievo devo dire solo grazie, mi ha dato la possibilità di giocare per otto anni e mezzo in serie A. Mi è dispiaciuto, ovviamente, che la curva se la sia presa quando mi sono trasferito a Palermo. Forse ho sbagliato anch’io, ma da professionista ho sempre rispettato tutti i tifosi e ho sempre cercato di fare al meglio il mio lavoro».

Un’ultima battuta: qui da queste parti hanno appena presentato Maicon…
«Siamo stati avversari di tante battaglie. Come ho sempre detto, l’età non conta. E’ bello che abbia ancora voglia di divertirsi. Gli mando un grande in bocca al lupo».

Pietro Zardini