Sulle orme di don Lorenzo Milani. Parla Carla Vertuani Esperienza formativa per alcuni docenti dell’Istituto Einaudi nella cittadina di Barbiana

A metà del Monte Giovi nel Mugello, dopo aver percorso un sentiero che scoraggia, si scorge Barbiana: un minuscolo borgo che, all’epoca degli insegnamenti di don Lorenzo Milani, contava poco più di 120 abitanti. Qualche casa, una chiesina che si prolunga in una piccola canonica e le voci dei ragazzi e delle ragazze che riecheggiano nella memoria di chi si imbatte in questo luogo pieno di storia. Parole e insegnamenti, quelli del prete ed educatore fiorentino, sui quali non è mai abbastanza riflettere e confrontarsi per approfondire la conoscenza, non solo in chiave educativa, dell’operato di Don Milani. Martedì 5 settembre l’Istituto Luigi Einaudi, all’interno del programma delle Giornate della Didattica, organizzate in Gran Guardia dall’Amministrazione Comunale, ha presentato il progetto “Nello spessore delle impronte. Ripartire da Don Milani a 100 anni dalla sua nascita: la scuola si confronta sull’accoglienza e l’inclusione”, sulla base dell’esperienza formativa vissuta dalla dirigente scolastica Carla Vertuani e da un gruppo significativo di docenti che hanno dedicato i primi due giorni di settembre alla condivisione e al confronto dei metodi educativi nella cittadina di Barbiana, ripercorrendo luoghi e spazi che hanno caratterizzato la vita e gli insegnamenti di don Lorenzo. Per la Cronaca di Verona abbiamo intervistato la dirigente scolastica dell’Istituto Einaudi, Carla Vertuani, che ci ha raccontato l’esperienza.
Com’è stato per un corpo docenti approfondire la conoscenza di don Lorenzo Milani nei suoi luoghi?
Quello che portiamo a casa è un’esperienza di condivisione di valori educativi e formativi sull’impronta degli insegnamenti di don Milani e in particolare per quanto riguarda gli studenti che hanno maggiori difficoltà. Gli studenti vanno guardati negli occhi, come ci insegna don Lorenzo, e anche quando lo sguardo non si incontra il docente deve comunque indirizzare verso aspirazioni e potenzialità mostrando a studenti e studentesse la giusta strada da intraprendere.
Quali insegnamenti avete tratto da questa esperienza?
Ciò che abbiamo appreso è che l’insegnamento di Don Milani, che non è replicabile nel suo modello di Barbiana, va comunque attualizzato nei suoi valori. Don Milani era molto attento alla realtà, leggeva con gli studenti quotidiani e riviste. Questo è possibile nella scuola attraverso una conoscenza della realtà in questo senso, come avviene durante l’ora di educazione civica, cercando di insegnare agli studenti lo sviluppo del pensiero critico, attraverso la conoscenza dei fatti. Anche la distinzione tra fake news e notizie reali diventa fondamentale.
In “Lettere a una professoressa’’ don Lorenzo scrive che: “Se si perdono i ragazzi più difficili, la scuola non è più scuola, è un ospedale che cura i sani e respinge i malati’’. Dal suo punto di vista come si può far capire ai giovani che la scuola deve essere per e di tutti, un ambiente inclusivo e soprattutto un luogo in cui sbagliare è ammesso?
Questa è la sfida di ogni scuola. E’ molto facile pensare che nella scuola ci sia un processo rigido di valutazione e apprendimento, questo è un pensiero comune, ma non è la scuola. La scuola, attraverso lo studio delle discipline, diventa uno strumento di conoscenza di sé e di comprensione della realtà. La scuola inclusiva vede le discipline non come il fine, lo scopo ultimo, infatti, è il benessere e la scoperta di sé e la valutazione diventa così lo strumento per il raggiungimento di questo intento. La scuola consente l’errore e indirizza i ragazzi verso la strada per correggerlo. Sbagliare è giusto per poter crescere in responsabilità e autonomia, senza giudizio, ma ricevendo solo delle indicazioni lungo il percorso. Nella scuola inclusiva si fa fatica perché si arriva ad una conquista, ma ci si arriva assieme costruendo e raggiungendo un obiettivo.
Cosa si augura dalla scuola del presente, ma anche da quella del futuro?
La scuola del presente sta soffrendo per un cambiamento e una complessità della società e non sempre è all’altezza nel saper cogliere l’incombenza dei social o la complessità delle relazioni sociali reali. La realtà digitale esiste perciò dobbiamo abituare i ragazzi a convivere con intelligenza con i social sviluppando sempre un pensiero critico per non diventare succubi o dipendenti. La scommessa per il futuro è che i ragazzi trovino nella scuola la base dei loro progetti di vita, soprattutto sotto il profilo umano.

Francesca Brunelli