Un esposto per un decesso nella RSA La famiglia di Adriano Fasoli, deceduto a gennaio, chiede la verità sull’assistenza e sugli ultimi giorni di vita dell’anziano

I familiari di uno degli ospiti vittime del Covid alla casa di riposo Villa Serena di Bardolino (Verona), al centro di uno dei più preoccupanti focolai dell’intera regione, attraverso il consulente legale Riccardo Vizzi hanno deciso di affidarsi a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, per fare piena luce sui fatti. Ed è prevedibile un esposto all’autorità giudiziaria per accertare se vi siano state responsabilità da parte della Rsa.

IL FATTO. Adriano Fasoli, 79 anni, di Dolcè (Vr), era ricoverato in villa Serena da due anni, dal dicembre 2019, in quanto malato di Alzheimer: fisicamente, tuttavia, non soffriva di alcuna patologia particolare e stava bene. All’inizio di gennaio, però, anche lui è rimasto contagiato come tanti altri ospiti della struttura, che aveva superato indenne la prima ondata ma è stata inspiegabilmente travolta nella seconda: a metà gennaio si sarebbe arrivati a 48 ospiti su 66 positivi oltre a una ventina di operatori.
I figli dell’anziano, hanno chiesto ripetutamente di ricoverarlo in un reparto Covid dove avrebbe ricevuto trattamenti più mirati, ma il medico della struttura lo ha sconsigliato: a suo dire un ricovero avrebbe al contrario peggiorato la situazione del paziente. Il dottore aveva però garantito che, in caso di ulteriore aggravamento, Fasoli sarebbe stato subito ospedalizzato: aggravamento che purtroppo c’è stato, tanto che dopo il 10 gennaio hanno iniziato anche a somministrargli la morfina, ma anche allora il medico ha non ha ritenuto di procedere con il ricovero e nel pomeriggio del 12 gennaio il signor Adriano si è arreso ed è spirato.

COSI’ LA FAMIGLIA. Sconvolti dal dolore, i figli del settantanovenne fin da subito hanno espresso pesanti riserve sulla gestione della situazione da parte dei responsabili della struttura, sia per il mancato ricovero del padre che versava in condizioni sempre più critiche, sia per la mancanza di sicurezza nei locali dove il coronavirus non solo è entrato ma è serpeggiato in tutti gli angoli colpendo la gran parte dei degenti, oltre al personale.
Ma a gettare ulteriormente nello sconforto i familiari della vittima è stata la scoperta che nella pulsantiera installata accanto al cancello d’entrata era pure scritto in bella vista il codice per aprire, codice che dovrebbe essere segreto e conosciuto solo dagli operatori e che infatti lo scorso anno non era riportato: per accedere bisognava suonare il campanello e identificarsi al citofono. Un ulteriore elemento che sarà aggiunto nell’esposto che verrà predisposto da Studio3A e che sarà affidato alla magistratura per tutte le indagini del caso.
Un’ombra che dovrà essere fugata dalle indagini, che la famiglia attende con ansia per conoscere la verità.